sabato 28 marzo 2015

Può Essere Un Bene La Banca Cinese?

Pertanto, il fatto che la Cina voglia investire una piccola parte dei suoi 3.800 miliardi di riserve estere nell'Aiib è una buona notizia. E il fatto che lo voglia fare attraverso istituzioni multilaterali in cui la sua voce, per quanto importante, sarà una fra le tante, è una notizia ancora migliore. Un'istituzione multilaterale avrebbe funzionari di ogni parte del mondo, e di conseguenza sarebbe meno politicizzata che se fosse la Cina a erogare soldi per conto proprio.
 
Per tutte queste ragioni gli Stati Uniti farebbero bene ad aderire a loro volta. La Casa Bianca potrebbe replicare che anche se lo volesse non avrebbe nessuna speranza di ottenere il nulla osta del Congresso. Probabilmente è vero, ma questo non è un buon motivo per stigmatizzare la partecipazione di altri Paesi. (...)
 
Jack Lew, segretario al Tesoro degli Stati Uniti, ha dichiarato che Washington teme che la nuova banca possa non rispettare i «parametri più stringenti a livello globale» in termini di governance e attività di prestito. Avendo lavorato alla Banca mondiale, non posso non sorridere di fronte a un'affermazione del genere. Il signor Lew troverebbe istruttivo studiare il ruolo avuto dalla Banca mondiale nel finanziare il dittatore dello Zaire Mobutu Sese Seko, un esempio orripilante fra i tanti. Sarebbe bello se la nuova istituzione fosse candida e immacolata, ma questo è un mondo di peccatori. Una partecipazione ampia di altri Paesi non potrà sicuramente peggiorare le cose per la nuova banca.
 
Gli Stati Uniti non possono nemmeno sostenere in modo credibile che farebbe concorrenza alle istituzioni esistenti. Sì, esiste il rischio di una corsa al ribasso sugli standard. Ma potrebbe anche favorire l'eliminazione di inutili lungaggini burocratiche. Il vero timore degli Stati Uniti è che la Cina possa riuscire a creare istituzioni che indeboliscano la loro influenza sull'economia globale. Ci sono quattro risposte che posso dare a questi timori. (...)
 
Inoltre, se la scelta della Gran Bretagna facesse capire chiaramente alle autorità statunitensi che la leadership non è un diritto, ma qualcosa che bisogna guadagnarsi, la decisione potrebbe rivelarsi benefica. Negli anni dopo la seconda guerra mondiale gli Stati Uniti diedero prova di prontezza di spirito creando le istituzioni del mondo moderno. Ma il mondo è andato avanti. Ha bisogno di istituzioni nuove. Deve adeguarsi all'ascesa di nuove potenze. Questo processo non si fermerà solo perché l'America non vuole più prendervi parte. Se i risultati non sono di gradimento degli Stati Uniti, possono incolpare soltanto se stessi.
 
di Martin Wolf - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/30Mp4u

venerdì 27 marzo 2015

La guerra in Yemen, spiegata bene (da ilPost.it)

Nella notte tra mercoledì 25 e giovedì 26 marzo è cominciata ufficialmente una nuova guerra. Alcuni aerei dell’Arabia Saudita e di altri paesi arabi hanno bombardato le postazioni in Yemen dei ribelli sciiti Houthi, che nelle ultime settimane hanno preso il controllo della capitale Sana’a e di altri territori nell’ovest del paese. La situazione in Yemen è molto tesa da mesi, tanto da far parlare diversi analisti di “guerra civile”. È anche molto complicata da capire, perché ai gruppi ribelli locali si sono affiancati l’intervento di paesi esterni e le rivalità personali di importanti esponenti politici yemeniti. La storia recente dello Yemen – il paese più povero del Medio Oriente – è cambiata d’improvviso tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012, quando Ali Abdullah Saleh, il capo del paese da oltre trent’anni, ha lasciato il potere. Abbiamo messo insieme una guida per capire che cosa sta succedendo in Yemen – chi combatte contro chi e cosa potrebbe diventare la guerra – e perché la si può definire una delle crisi internazionali più complicate e pericolose degli ultimi tempi.

Cos’è lo Yemen, e da dove arriva?
Lo Yemen è un paese molto povero, che si trova sulla punta sud della Penisola arabica. Ha la forma simile a un rettangolo: condivide tutto il suo confine settentrionale con l’Arabia Saudita e tutto il suo confine orientale con l’Oman. A partire dal 1962 e fino al 1990 c’erano due stati yemeniti: a nord la Repubblica Araba dello Yemen, governata in maniera autoritaria da Ali Abdullah Saleh, a sud la Repubblica Democratica popolare dello Yemen, governata da un regime marxista: anche dopo l’unificazione, avvenuta nel maggio 1990, nel sud si sono sviluppati a fasi alterne diversi movimenti indipendentisti che ancora oggi continuano a operare contro il governo centrale (nel gennaio 2015, per esempio, il leader dei separatisti nel sud ha letto in diretta su al Jazeera una specie di “dichiarazione d’indipendenza”).

martedì 24 marzo 2015

Costruire Una Base Solida Sulle Unioni Civili (Mara Carfagna)

"(...) E a proposito di pregiudizi ce n’è uno contro questa iniziativa, contro iniziative di questo genere, che viene diffuso ad arte da chi evidentemente impedisce da anni che questo dibattito possa avere uno sbocco legislativo, che viene diffuso ad arte da chi cavalca strumentalmente queste questioni ed è proprio per questo che io voglio immediatamente sgombrare il campo da un equivoco di fondo: qui, oggi, in futuro nelle nostre intenzioni, non c’è nessuna volontà di produrre un attacco alla famiglia naturale fondata sul matrimonio. Non stiamo togliendo qualcosa alla famiglia, per darla alle coppie omosessuali, stiamo parlando di riconoscere diritti, a chi diritti non ne ha. Non stiamo promuovendo un nuovo modello di società , stiamo parlando di riconoscere quei diritti che in altri paesi del mondo , soprattutto in altri paesi europei, sono ampiamente riconosciuti, e che le altre Corti ci invitano a riconoscere senza che questo voglia dire costruire un modello, un’istituzione giuridica alternativa alla famiglia. Quindi che questo sia ben chiaro, e sgombriamo il campo da questo equivoco di fondo che ha ideologizzato ed estremizzato il dibattito in tutti questi anni, e che ci ha impedito di arrivare anche soltanto ad un confronto sereno.

C’è un’altra notizia che ho letto in questi giorni e che mi fa sorridere, se non ci fosse da piangere, per quanto è seria. Perché c’è chi ad esempio sostiene che di fronte all’avanzata dell’Isis, noi abbiamo il dovere di rafforzare la nostra identità e la nostra civiltà. Certo, ovvio, giusto, ma per alcuni rafforzare la nostra identità, significa dire si al matrimonio e no alle unioni omosessuali, senza ricordare che forse per contrastare quel modello che l’Isis propone dobbiamo contrapporci a chi gli omosessuali li butta dalle torri.(...)

Come si fa allora a riconoscere questi diritti fondamentali? Significa ad esempio fornire certezze sulla eredità, significa fornire certezze per quanto riguarda la possibilità di subentrare nel contratto di locazione, significa fornire certezze per quello che riguarda l’assistenza sanitaria, l’assistenza penitenziaria, la pensione di reversibilità, significa fornire certezze per tutto quello che riguarda l’obbligo di assistenza morale e materiale, significa riconoscere diritti a cui corrispondono doveri , responsabilità, il tutto all’interno di una unione omoaffettiva pubblicamente riconosciuta. Questo è il binario all’interno del quale noi abbiamo intenzione di muoverci considerando il nostro, un punto di partenza. Una base x il dialogo che noi non crediamo sia una soluzione minimalista. Quando in ballo ci sono così tante posizioni, così tante sensibilità, bisogna provare a fare un lavoro di sintesi altrimenti succede quello che è successo in questi 15 anni, non si ottiene nulla. Bisogna essere ambiziosi sono d’accordo, ma bisogna ogni tanto provare a costruire una base solida su cui poi provare ad elevare tutto il resto(...)"


domenica 22 marzo 2015

Novità Cinesi Da Tenere D'Occhio

Al di là del "caso Pirelli", forse è necessario tenere d'occhio anche altre dinamiche più globali. Abbiamo discusso di questa adesione, a livello di opinione pubblica? A me pare poco...

FMM

Pechino, 20 mar. - E' il Lussemburgo l'ultimo Paese in ordine di tempo a decidere di aderire alla Asian Infrastructure Investment Bank a guida cinese. L'adesione del Gran Ducato è stata accolta con favore nella serata di ieri dal Ministero delle Finanze cinese. Il Lussemburgo potrà diventare uno dei membri fondanti il nuovo soggetto finanziario, se verrà approvato dai 26 Paesi membri, compresi i ventuno che hanno sottoscritto l'adesione per primi alla nuova banca nel novembre scorso a Pechino. Il Lussemburgo è il quinto Paese europeo a entrare nella superbanca asiatica, dopo Gran Bretagna, che aveva annunciato l'adesione venerdì scorso, seguita nei giorni successivi da Francia, Germania e Italia, nonostante l'intensa lobby di Washington contro l'adesione degli alleati europei all'ingresso nel nuovo soggetto finanziario, visto come aperto concorrente della Asian Development Bank, a forte presenza americana.(...)

Unioni civili, una nuova sfida (Mara Carfagna su HuffingtonPost)

Interessante articolo di Mara Carfagna.

Continuo a pensare che su questo tema ci sia - già oggi -un consenso generale su una "legislazione minima ma efficace" che potrebbe portare effettivi diritti, al di là dei "nomi" che vogliamo dare (matrimonio, unione civile, etc), a tutte le donne e tutti gli uomini di questo paese.


FMM



"(...) Tutto questo è in contrasto con la tutela della famiglia naturale fondata sul matrimonio? Personalmente, non credo. Come donna di destra, credo invece che sia compito della politica dare forma ai cambiamenti della società stabilendo le regole e il perimetro di un sistema condiviso di diritti e doveri. Come donna di destra ritengo che la famiglia fondata sul matrimonio vada difesa e sostenuta, ma ritengo che chi usa questa argomentazione come alibi per non affrontare il tema delle coppie gay, lo fa strumentalmente o in mala fede. Veramente si crede che riconoscere diritti a chi non ne ha, e farlo all'interno di un perimetro ben definito che non preveda equiparazione tra coppie gay e matrimonio omosessuale, significhi compromettere la solidità e la centralità della famiglia? Sul serio si pensa che non regolare una realtà già così ampiamente diffusa sia un modo per difendere la famiglia?
La famiglia va sostenuta fiscalmente, economicamente, per esempio aiutando le donne e le mamme che lavorano e che spesso non fanno figli perché non hanno un welfare adeguato. La famiglia si aiuta offrendo opportunità ai giovani affinché abbiano la possibilità di immaginare un futuro, in cui anche loro un giorno potranno diventare madri e padri.
Ma pensare che regolamentare ciò che già esiste, significhi produrre un attacco alla famiglia è un modo un po' superficiale per affrontare la questione con le lenti dell'ideologia e del pregiudizio.

Dire, sostenere, io sono di destra, quindi sono a favore della famiglia e contro le unioni gay è come arrendersi ad essere fermi al medioevo della politica. E noi non vogliamo arrenderci, vogliamo accettare la sfida della modernità, ma senza cedimenti e rispettando i nostri valori,quelli di un centrodestra moderno, liberale ed europeo.

Riguardo alle coppie omoaffettive l'Italia ha finora fallito. Abbiamo davanti una realtà, ancorché minoritaria - l'esistenza di unioni stabili tra persone dello stesso sesso - ma a differenza di tutto il resto d'Europa l'abbiamo ignorata. Abbiamo fatto finta che non esistesse. Abbiamo lasciato questa realtà nel vuoto legislativo, che è la peggiore delle condizioni proprio perché alimenta equivoci, abusi, distorsioni e problemi ai singoli e alle Istituzioni.(...)

giovedì 19 marzo 2015

Tunisi, Italia. I ricordi dell'Ammiraglio Fulvio Martini

"(...) Nel 1986-1987, in Nord Africa si era creata una situazione politico-diplomatica abbastanza complessa. La stampa non se ne occupò molto. Diede più spazio alle intemperanze di Gheddafi o ai tentativi di penetrazione sovietici nell'area.
Nel caso specifico, si era aperta una questione di successione al vertice della repubblica tunisina. 
La questione non era facilmente risolvibile: si trattava di procedere alla sostituzione del presidente Bourghiba. Bourghiba era stato il simbolo della resistenza contro i francesi, ma era un uomo di età molto avanzata e non era più nelle condizioni fisiche e mentali di guidare il suo paese. Ci furono dei disordini causati dai primi movimenti integralisti islamici, e la reazione di Bourghiba fu un po' troppo energica. Minacciò infatti di fucilare un certo numero di persone, e fu subito chiaro che una reazione del genere avrebbe portato a sovvertimenti suscettibili di pesanti riflessi negativi anche nei paesi vicini.
Al problema tunisino erano interessati non solo i due stati confinanti, ossia la Libia e l'Algeria, ma anche l'intera zona maghrebina e alcuni stati europei tra cui l'Italia. 
In quella pericolosa situazione Craxi e Andreotti, rispettivamente presidente del consiglio e ministro degli Esteri, si comportarono, a mio avviso, con grande abilità.
Su loro direttive, noi del Servizio facemmo la nostra parte, la più importante. Con la Tunisia - come con tutto il resto del Maghreb, a esclusione della Libia - avevamo eccellenti rapporti. Riuscimmo a concludere una prima transizione sui principali punti di contrasto, poi proponemmo una soluzione soddisfacente per tutti che fu accettata, e la successione di Bourghiba avvenne con un trasferimento di poteri tranquillo e pacifico.
Non ci fu una goccia di sangue; la pace nella regione fu assicurata. L'unica vittima fu un capo Servizio europeo che ci rimise la poltrona perché al suo governo non piacque la nostra soluzione. I contatti che il Sismi aveva avuto con elementi di tutto il Maghreb permisero un rafforzamento dei rapporti bilaterali. Ci furono accordi tra le varie intelligence, e il nostro Servizio portò avanti nella regione alcune iniziative per evitare un proliferare del terrorismo.
In quel periodo - parlo della metà degli anni '80 - era il terrorismo palestinese quello che ci dava le maggiori preoccupazioni. (...)
Nell'area avevo alcuni amici e non mi fu difficile consolidare vecchi rapporti e stabilirne di nuovi. Alcune mie mosse non furono sempre di generale gradimento, perché falciavano erba in giardini altrui (leggi: francesi), ma nel complesso il Maghreb ci accettò con simpatia e collaborò grandemente alla nostra sicurezza. 
Ciò mi permise, ad esempio, di allertare in anticipo i nostri organi di Polizia sull'operazione che Abu NIdal stava preparando in Libano contro l'Italia e che dette origine al massacro di Fiumicino (...)"

Ammiragio Fulvio Martini, Nome in codice Ulisse, Trent'anni di storia italiana nelle memorie di un protagonista dei Servizi segreti, edizioni BUR, pp.141-143

"(...) Da capo del Sismi, gliene capitarono un paio niente male. Quando gli fu affidato il compito di riportare gli algerini nel Club Med dei servizi segreti, ad esempio. «Andai a Parigi, per convincere i francesi che erano i più ostici. E mi trovai davanti un generale della Legione che aveva combattuto la campagna d' Algeria facendo saltare un braccio a uno dei capi della resistenza. Poi andai ad Algeri, e nella loro delegazione trovai quello senza il braccio. Quando vennero a Roma per il primo incontro e li vidi entrare nella sala, per un momento pensai che sarebbe finita a revolverate». Fu sempre lui, nel 1987, a organizzare il cambio della guardia a Tunisi: via Burghiba, presidente Ben Alì. «C' era una situazione incontrollabile, per via dei colpi di testa di Burghiba che voleva giustiziare un gruppo di fondamentalisti. Ne parlai col mio collega francese della Dgse, il generale Imbot. Troviamo una soluzione insieme, dissi. E quello: "Sono affari nostri, l' Impero non vi riguarda". Ah, sì? Beh, da italiano non la mandai giù. Misi al corrente Craxi, lui diede via libera e sostituimmo Burghiba. La mattina dopo Chirac si mangiò il fegato e Imbot pure. Per fare l' operazione avevamo utilizzato il piano francese, con ventiquattro ore d' anticipo e con un nostro candidato alla presidenza: Ben Alì»(...)"