giovedì 2 ottobre 2014

La Fiducia E La Società Complessa

Fra tutte le riflessioni che sto leggendo in questi giorni, un commento apparso oggi sul Sole24Ore mi è parso particolarmente interessante. Alberto Orioli coglie bene la contraddizione che rischia di minare alla base tutta la logica dell'azione governativa, forse ben più che le proposte poco meditate, o l'allarme sulla nostra situazione economica - espresso in vari modi - di Europa, BCE, Fondo Monetario. 

Il vero nodo è che la retorica di Renzi - pur molto funzionale a raccogliere un consenso - si basa su una visione sbagliata della società italiana: la società "fluida" - come si è soliti chiamarla - non è affatto più semplice, e non è governabile con tweet o "disintermediando" tutta la comunicazione, attraverso video su youtube.

Snobbare i corpi intermedi è tentazione financo comprensibile, ma sempre pericolosa.
Alla fine si snobba comunque il paese e si nega la realtà complessa dei sistemi sociali, danneggiando la comunità.

Forse non si crea un modello politico autoritario, come molti paventano; più banalmente si crea un modello poco intelligente, poco funzionale, alla lunga inefficace.
E questo paese non ne ha bisogno.

FMM

(...) Ma il vero rischio di un possibile flop per questa ulteriore iniezione di quasi-salario è nella confusione delle ipotesi diagnostiche: la crisi di domanda è crisi di fiducia, e non sono la stessa cosa. Per rilanciare la fiducia non servono solo più disponibilità per chi già ne abbia (l'operazione Tfr non riguarda naturalmente il grande mondo degli esclusi: disoccupati, poveri, precari) ma condizioni di sistema che modifichino la percezione della realtà e l'idea stessa del futuro. Insomma, non bisogna più avere paura del domani. Ma non bastano 80 o 100 euro a comprare buonumore. L'ottimismo non è in vendita. (...)

Il programma strategico di Renzi dell'operazione fiducia confligge e si sfarina con il programma strategico di Renzi dell'ideologia della disintermediazione. Non è vero – o non è ancora vero – che i social network possono sostituire le tante articolazioni sociali. Nè è sufficiente, per la storia del Paese, confidare solo nella composizione delle posizioni dei partiti (anche perchè, magari, si rischiano mediazioni pasticciate come sembra essere diventata quella sull'articolo 18). Certo, c'è molto da modernizzare anche nei cosiddetti corpi intermedi ed è tempo di ridurne il tasso di corporativismo in nome di un superiore interesse generale. Nè servono liturgie stantie o bizantinismi solo formali se non ci sono contenuti e significati veri. La società italiana è piena di incrostazioni, ma serve un lavoro di fino e paziente per pulire la chiglia, non la scorciatoia di gettare via tutta la barca. I contenuti esistono e rimangono: la mediazione sociale dà trama e ordito forte alla democrazia partecipativa. (...)

E così, anche oggi, si rischia di confondere lo strumento con lo scopo. Saranno le rappresentanze, certo riformate, snellite, modernizzate, a usare i social network e le comunità digitali per gestire le loro posizioni di interesse. Alla politica governante spetta la composizione di quegli interessi, la mediazione di alto profilo organizzata sulla rotta del bisogno generale. Che non sempre è quello di un uomo solo al comando che tweetta a 60 milioni di follower. Soprattutto in un Paese che rischia di avere 60 milioni di interessi singoli, tutti diversi e tutti confliggenti. Anche perchè, se così fosse, basterebbe un flash mob innescato con uno dei tanti tweet da Palazzo Chigi: il giorno x spendiamo 50-60-100 euro tutti insieme, la domanda avrà un sussulto, il Pil pure. Può valere, forse, per il Paese virtuale, quello reale ha bisogno di altri stimoli a cominciare da una vera, radicale riforma fiscale.

di Alberto Orioli - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/z3ozTR

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