mercoledì 26 marzo 2014

La Guerra Senza La Guerra

A proposito di guerra che cambia veste; o che - meglio - appare "impossibile", come appare "impossibile" la politica nel mondo contemporaneo; due articoli per riflettere: uno sulla tensione finanziaria che segna questo dramatico passaggio con la Russia, e che sembra essere la principale leva di pressione su Mosca. Il secondo per riflettere sull'"arma" delle sanzioni (valide? non sempre; se sì, non da sole...)

Buona lettura

Francesco Maria

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Ora che la fuga di capitali è iniziata, la Russia teme il peggio. In questo caso, lo scenario più avverso è rappresentato da un totale isolamento finanziario da parte degli investitori internazionali. La paura di un incremento nelle sanzioni dopo l’annessione della Crimea, finora il punto più alto della crisi ucraina, è significativa. Dopo il congelamento di fondi, dopo lo stop alle transazioni per i correntisti di date banche, potrebbe arrivare lo stop ai contratti in essere e chissà cos’altro. L’obiettivo è quello di indebolire Mosca. (...)

L’escalation della crisi ucraina potrebbe avere il suo impatto maggiore su un altro versante, quello del rating sovrano. Ieri è stata Fitch a porre l’attenzione su questo punto, dopo gli avvisi di Standard & Poor’s e Moody’s. Il rischio di un prolungato periodo di tensioni fra Occidente e Russia, infatti, potrebbe infatti avere conseguenze sui rating russi, che sia quello governativo o che sia quello delle imprese. Se così fosse, per la Russia e per le sue società private, comprese le banche, sarebbe assai più oneroso scendere sui mercati obbligazionari. Non è un caso che ieri il ministero russo delle Finanze abbia cancellato l’asta di titoli di Stato settimanale. «Le condizioni di mercato non sono favorevoli», ha spiegato in un comunicato stampa. Per questa settimana è stato deciso così, ma il tempo è tiranno. Ed è improbabile che tutte le aste da qui alla fine dell’anno vengano cancellate. Prima o poi la Russia dovrà affrontare il mercato obbligazionario. In quel caso, gli investitori potrebbero chiedere rendimenti sensibilmente maggiori o, peggio, disertare l’evento. Uno scenario che Mosca vuole evitare a tutti i costi ma che, se non ci fosse un appianamento delle tensioni, rischia di diventare realtà entro poche settimane.


(...) Dalla fine della Guerra fredda le sanzioni mirate, a differenza di quelle indiscriminate, si sono sviluppate come strumenti sempre meno “punitivi” e sempre più di “pressione” per convincere leadership e governi avversari a cambiare una determinata politica. Il loro obiettivo è diventato principalmente minacciare e dare una specie di avvertimento agli avversari: per esempio indebolendo il loro potere economico – come la capacità di fare investimenti – o incrinando le loro alleanze con i più stretti collaboratori. In genere chi ha applicato le sanzioni mirate negli ultimi anni lo ha fatto in maniera progressiva, cioè adottando diversi round sanzionatori di intensità sempre maggiore, mantenendo aperta la possibilità di trovare una soluzione alla crisi con la diplomazia.

Questo è quello che è successo per esempio con le sanzioni applicate dagli Stati Uniti a esponenti del mondo politico ed economico della Russia tra il 17 marzo – giorno in cui Putin ha firmato un decreto per riconoscere la Crimea “stato indipendente e sovrano” – e il 21 marzo - giorno della firma del trattato di annessione della Crimea alla Russia. Con il primo giro di sanzioni, considerato piuttosto blando, il governo americano sperava probabilmente di spingere Putin a fare un passo indietro in Crimea e a rinunciare all’annessione; o in alternativa aveva capito che Putin non avrebbe rinunciato ma non aveva altri strumenti per rispondere (l’intervento armato per la Crimea è sempre stato fuori discussione dall’inizio). Nei giorni successivi il segretario di stato americano, John Kerry, ha continuato a sentire a cadenza giornaliera il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, minacciando di intensificare le sanzioni se non ci fosse stato un cambio di atteggiamento da parte della Russia. Di fronte al rifiuto russo di accordarsi ai termini degli Stati Uniti, Obama ha approvato un secondo giro di sanzioni – questa volta molto più duro e potenzialmente più efficace – che ha colpito la “cerchia ristretta” degli alleati di Putin, ma senza colpire direttamente Putin o Lavrov.

In pratica gli americani hanno dimostrato che le loro minacce devono essere prese sul serio, ma di nuovo non hanno chiuso la porta alla diplomazia: ora, per esempio, stanno usando la minaccia di estendere le sanzioni ad alcuni settori dell’economia russa nel caso in cui Putin ordinasse un’azione militare in Ucraina. Come è successo anche in passato, è troppo presto per dire se le sanzioni americane ed europee contro la Russia funzioneranno o meno: i precedenti ci dicono però che in entrambi i casi sarà una faccenda tutt’altro che lineare e di facile lettura, in cui incideranno svariati fattori, diversi tra loro e a volte imprevedibili, oltre alle sanzioni stesse.

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