giovedì 8 novembre 2012

Cina, il Dragone tira fuori gli artigli?


Dopo anni di discorsi improntati al pacifismo, anche quando il Parlamento approvava aumenti a doppia cifra del budget militare, ieri per la prima volta il Dragone ha tirato fuori gli artigli. «Cina deve diventare una potenza marittima per difendere risolutamente i suoi diritti e i suoi interessi territoriali» ha ammonito Hu. dal nostro corrispondente Luca Vinciguerra - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/tWMRZ

"Se non affrontiamo il problema della corruzione - ha detto Hu Jintao parlando nella sala dell'Assemblea del Popolo su piazza Tiananmen, addobbata con bandiere rosse e un'enorme falce e martello - essa potrebbe provocare una crisi del Partito e anche un crollo dello Stato". "La riforma della struttura politica è una parte importante delle riforme generali e dobbiamo prendere iniziative positive e prudenti in questa direzione", ha aggiunto Hu."La Cina non copierà mai un sistema politico occidentale". ha detto Hu Jintao, aggiungendo che la Cina continuerà sulle riforme della struttura politica per "rendere la democrazia popolare più estesa".


Eppure, di riforme in Cina ci sarebbe grande bisogno, spiega al Foglio Giovanni Andornino, docente di Relazioni internazionali dell’Asia orientale presso l’Università di Torino e vicepresidente di T.wai (Torino World Affairs Institute): “Crescendo, l’economia cinese ha creato gravi danni ambientali, sanitari e sociali. Si è trattato di una crescita diseguale, e questo ha provocato malcontento nella popolazione. Non a caso, il numero delle proteste è passato da 8.700 casi nel 1993 ai 230 mila di oggi, anche se le statistiche dell’ultimo periodo non sono ufficiali”. La crescita economica tanto sbandierata dalle autorità, poi, “è in realtà più contenuta, le cifre sono in parte gonfiate, tant’è che puntualmente a ogni trimestre vengono ritoccate al ribasso”, dice. Fare riforme con l’economia che non galoppa più come nell’ultimo decennio è difficile: “La sfida che ha davanti la prossima leadership è ardua. Tutti si attendevano che Hu Jintao e Wen Jiabao, soprattutto nel loro secondo mandato, potessero approfittare della crescita record per avviare le riforme necessarie. Invece nulla di tutto questo è avvenuto, anche perché – e lo stiamo capendo ora – Hu Jintao aveva un controllo molto parziale del Comitato centrale”. D’altronde, “se è vero che l’ex presidente ottantaseienne Jiang Zemin è influente ancora oggi nel Partito, è lecito pensare che sia stato ben più incisivo negli scorsi anni”, aggiunge Andornino. Se Pechino non è riuscita a cambiare rotta nell’ultimo decennio, quando ne aveva le possibilità ed era spinta dal successo finanziario, è probabile che non lo farà neppure da qui al 2022: “C’è la necessità di compiere scelte politiche decise e chiare, e questo la nomenclatura alla guida del paese non è in grado di farlo. Sono troppi gli interessi in gioco. Inoltre, al momento non è credibile che Xi Jinping possa cambiare le cose da solo, anche perché fa pur sempre parte di una leadership collettiva e non individuale”.




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