domenica 30 settembre 2012

Con l'ipotesi Monti-bis quadro politico più chiaro. Ora i partiti facciano i conti con la realtà (ilSole24Ore)

(...) Viceversa, misurarsi sull'idea di un nuovo esecutivo guidato da Monti obbliga i partiti – i favorevoli come i contrari – a fare i conti con la realtà. Perchè discutere di Monti significa discutere anche di Europa, di relazioni con le grandi cancellerie europee; vuol dire porsi il problema delle riforme (non solo in forma retorica e mediatica) e capire veramente quale sia il "che fare" nei prossimi mesi. Anche e soprattutto per ridare slancio all'economia e in prospettiva ridurre il carico fiscale. (...) Il Punto di Stefano Folli - Il Sole 24 Ore - leggi l'articolo integrale 

martedì 25 settembre 2012

Federalismo: è ora di ripensarlo (F.Bruni su laStampa)

La disciplina della finanza locale negli Stati federali è difficile da ottenere. Ce lo dice l’esperienza internazionale. L’Argentina ha problemi di squilibri finanziari privati e dell’amministrazione centrale, ma i potentati locali fanno scempio della finanza delle sue province. Il Brasile non manca di problemi analoghi. La Catalogna e le altre regioni autonome aggravano il debito pubblico spagnolo. In misure e forme diverse il problema travaglia anche altri Paesi, compresi gli Usa, la Germania e persino la Cina. Se c’è un decentramento politico-elettorale, far rispettare davvero dal centro vincoli di bilancio locali è un problema. In un modo o nell’altro l’indisciplina locale riesce a ricattare il potere centrale. D’altra parte: non è proprio questo il rompicapo che stiamo cercando di risolvere per tenere in ordine da Bruxelles le finanze dei Paesi dell’Ue?

sabato 22 settembre 2012

Cina-Giappone, la contesa che fa paura al mondo (da laStampa)


Viste da migliaia di chilometri di distanza, le questioni in gioco sembrano banali, persino assurde. Poche piccole isole nel Mar Cinese Orientale, note in Giappone come Senkaku e in Cina come Diaoyu, una manciata di rocce, di questo stanno discutendo la seconda e la terza economia più grandi del mondo. Eppure quelle rocce hanno scatenato le più gravi manifestazioni anti-giapponesi in Cina dal 2005, mentre in decine di città cinesi si sono radunate folle per protestare al di fuori delle ambasciate e delle fabbriche e dei negozi appartenenti ai giapponesi.

Cosa ancora più inquietante, i media statali cinesi hanno riferito che «1000» barche da pesca cinesi si stanno dirigendo verso le isole contese, determinate, si presume, a far valere le rivendicazioni territoriali della Cina sulla pesca all’interno di quello che sono attualmente acque territoriali giapponesi.

Quanto seriamente dovremmo prendere questa notizia? Al tempo dell’ultima grande ondata di manifestazioni anti-giapponesi, sette anni fa, avevo fatto proprio questa domanda a un vecchio politico giapponese del partito allora al governo, Taro Aso. La sua risposta fu noncurante: “Il Giappone e la Cina si odiano a vicenda da più di mille anni - ha detto, - non dovrebbe sorprenderla che anche oggi sia così.”





mercoledì 19 settembre 2012

L'Europa ricomincia da Varsavia (da laStampa)


Per otto mesi i ministri degli Esteri dei paesi fondatori dell’Europa, assieme a Spagna, Portogallo, Austria,Polonia e Danimarca, si sono incontrati in riunioni informali e, sinora, coperte da silenzio, per discutere liberamente e senza vincoli negoziali dell’Europa del futuro. Poi, l’altroieri notte a Varsavia, hanno approvato un documento comune.

Che contiene anzitutto un elemento politico macroscopico: per la prima volta la Germania ha accettato un documento che contiene un’espressione che sin qui provocava il tedesco raccapriccio, la «mutualizzazione dei rischi sovrani», sia pur «proposta da alcuni membri del Gruppo». L’importanza del documento, di cui La Stampa è in possesso, è tuttavia molto più ampia. Il disegno di quelle otto cartelle, limate sino all’ultimo nella notte polacca, muove dalla necessità di una maggior consapevolezza europeista dei cittadini e va verso una maggior responsabilità delle istituzioni. Per la prima volta, oltre a una effettiva europeizzazione dei partiti, integrazione e rapporto di check-and-balance tra Commissione e Parlamento, si parla di responsabilità delle istituzioni sino all’accountability, al «render conto» che vige nelle società anglosassoni. (...)


lunedì 17 settembre 2012

Mille pescherecci cinesi verso le Senkaku (ANSA)


Mille pescherecci cinesi sono attesi nelle acque delle Senkaku, isole disabitate controllate dal Giappone e rivendicate dalla Cina. Gli Stati Uniti spingono per una soluzione pacifica e non prendono posizione sulle isole contese Senkaku, che agitano i rapporti tra Cina e Giappone. Lo ha detto il segretario alla Difesa, Leon Panetta, che in una conferenza stampa congiunta col collega giapponese, Satoshi Morimoto, ha spiegato che, pur tenendo fermi "gli obblighi sul trattato di Sicurezza" Washington-Tokyo, in forza del quale gli Usa sono tenuti a difendere l'alleato se aggredito, la via da seguire è la "soluzione pacifica" sulle isole contese.
Per la Cina le attività di pattugliamento marino effettuate nei giorni scorsi nelle acque delle isole Diaoyu, come vengono chiamate le Senkaku contese con il Giappone, sono state un successo. Lo ha detto un funzionario della CMS, la China Marine Surveillance, secondo quanto ha riferito l'agenzia Nuova Cina. "Il rafforzamento della legge e le attività di pattugliamento marino cinesi - ha detto Xiao Huiwu, vice capo del comando della CMS - hanno dimostrato la giurisdizione della Cina sulle isole Diaoyu e hanno avuto un ruolo importante ai fini della tutela degli interessi marittimi del paese". Venerdì scorso sei pattugliatori cinesi (anche se l'agenzia Nuova Cina ha sempre parlato di due) sono arrivati nelle acque delle Diaoyu (che i giapponesi chiamano Senkaku) per poi però allontanarsi alcune ore dopo. Secondo Xiao, la CMS intensificherà i propri controlli e le proprie attività in prossimità delle isole sempre per riaffermare la sovranità cinese e per porre fine alle violazioni. Durante il pattugliamento di venerdì scorso le navi cinesi sono arrivate fino a 1,55 miglia marine di distanza dalle Diaoyu.
La situazione preoccupa gli Stati Uniti. "E' nell'interesse di tutti, ed è nell'interesse di ognuno di noi, che Giappone e Cina mantengano buone relazioni e trovino un modo per evitare un'ulteriore escalation dei rapporti", ha spiegato oggi a Tokyo il segretario alla Difesa, Leon Panetta, nel pieno dello scontro tra le due potenze economiche dell'Estremo Oriente. (...)

sabato 15 settembre 2012

Oltre all’ambasciatore, gli islamisti vogliono uccidere la libertà d’espressione (da ilFoglio)

(...) Quattro anni fa la Tate Gallery di Londra ritirò l’opera “God is great” di John Latham a causa delle minacce. L’opera di Latham mostrava Bibbia, Corano e Talmud tranciati di netto da una lastra di vetro. Il critico d’arte Richard Cork accusò l’establishment britannico di svendere la libertà d’espressione: “Quando si inizia a pensare così, il cielo è il solo limite”. Per questo non è nostro diritto disquisire sulla bellezza dei video che si realizzano di là e di qua dell’oceano, sugli articoli che si scrivono, sulle opere d’arte che si esibiscono, sulle vignette che si disegnano. In occidente abbiamo conquistato a caro prezzo la libertà di farlo. Non spetta agli antichi custodi del fuoco il permesso di concedere il diritto di pensiero o parola. Non sono belle le caricature sul Profeta. Non sono belle le fotografie dell’iraniana Sooreh Hera. Non è bello “Fitna” di Geert Wilders. Ma in gioco non ci sono l’eleganza o il bon ton, ma un’Europa sottomessa al verbo incendiario di chi non tollera dissenso e critica.(...)

venerdì 14 settembre 2012

Armi, soldi dal Golfo e «consulenti» dall'estero: i camaleonti della Jihad (Guido Olimpio, sul Corriere della Sera)


Si camuffano. Solo pochi ostentano l'appartenenza a correnti salafite. Non dichiarano di essere jihadisti, preferiscono invece il più generico «rivoluzionari». Formazioni come Ansar Al Sharia fanno da ombrello a nuclei più sfuggenti (le Brigate Abdul Rahman) con intrecci che possono portare lontano o vicino. Ci sono quelli che hanno contatti con la rete qaedista internazionale ed altri - come è avvenuto in Iraq dopo la sconfitta di Saddam - che sono dei lealisti pentiti. Tra questi ex membri dei Comitati rivoluzionari. È su questa nebulosa che si concentra l'attenzione delle forze di sicurezza come degli 007. Infatti, ieri notte a Bengasi, sono scoppiati scontri tra la Brigata Folgore (governativa) e i militanti di Ansar dopo che quest'ultimi si sono rifiutati di consegnare il loro arsenale, un'importante risorsa per fare cassa.
Gli estremisti possono contare su diverse fonti di finanziamento. La prima è il traffico di armi. Il capoluogo della Cirenaica ha un mercato (nero) fiorente di fucili, granate, lanciarazzi rubati negli arsenali di Gheddafi. La polizia non è mai riuscita a stroncarlo. Anzi c'è chi dice che il governo abbia lasciato fare nella speranza di esaurire le scorte. Resta il fatto che le armi libiche sono state trovate - solo per citare alcuni Paesi - in Nigeria, Siria, Tunisia, Mali e Sinai. Quelli che hanno attaccato il consolato Usa non hanno usato le doppiette bensì camioncini con mitragliere antiaeree. E ne hanno a volontà, da vendere a chi ha il contante pronto. Disponibilità che si porta dietro un'altra conseguenza: i baratti di materiale bellico facilitano la collaborazione tra estremisti che agiscono sull'intero quadrante regionale.(...)

giovedì 13 settembre 2012

La Morte di un Ambasciatore, la Guerra Mai Finita


Non c'è da discutere sulla presunta qualità di un film. la discussione non dovrebbe avere luogo. La violenza cui assistiamo in queste ore è inaccettabile, comunque si giudichi la discutibile opera da cui - secondo alcuni - sarebbe nata questa violenza. Parlare del film significa non voler vedere che c'è ancora  - e non è mai cessata, anche se le mani possono essere differenti, le menti che progettano di nazioni diverse - una guerra che alcuni fanatici hanno dichiarato a noi, noi inteso come Occidente, come spazio politico che permette la dissacrazione, l'ironia, la la libertà di parola anche quando appare eccessiva (con tutte le contraddizioni e le incoerenze con cui gestiamo questa libertà). Ma non è solo questo, ed è meglio laicizzare anche il nostro discorso politico, perché non dobbiamo reagire a una presunta "guerra santa" con una nostra "guerra santa laica": dobbiamo però vedere con lucidità che in Africa ci sono le nuove basi di quella rete particolare del terrore, di quel network plurimo che è AlQaeda che sembra assumere nuove forme, innestandosi in nuove crisi; e che abbiamo probabilmente con troppa facilità aiutato rivoluzioni senza vedere (eravamo in pochi a ricordarlo) che "bombardare dall'alto" non può bastare se non c'è l'orizzonte di fondo e la volontà politica  - e le possibilità economiche e finanziarie - di scommettere sul lungo periodo, radicandosi - come intelligence, come economia, come militari, come tutto - in quei paesi, influenzandoli quotidianamente e imbastendo quei silenziosi e lunghissimi percorsi di transizione che difficilmente si possono risolvere nella morte di un dittatore e in riti elettorali svolti in "libertà", anche se c'è necessità di quei simboli e di quei riti. Non è possibile accettare la violenza di oggi, non è possibile che Europa e Stati Uniti perdurino in un atteggiamento che guarda a soluzioni facili, e non pensa a percorsi più lunghi. Si può anche combattere Gheddafi (o altro dittatore) accettando il rischio dell'integralismo, ma poi quell'integralismo lo devi continuare a combattere. La guerra non si poteva risolvere, non può risolversi, non si potrà mai risolvere in un "bombardamento dall'alto". La guerra è brutta e lunga, e bisogna saperla fare. Se dobbiamo tornare a vederla vicino a noi, prepariamoci a un lungo percorso nella penombra della morte. Può darsi che sia necessario, ma dobbiamo esserne pienamente consapevoli.

Francesco Maria Mariotti


Era il Primo maggio. E quello è stato il giorno in cui ho visto per l'ultima volta Chris Stevens, un diplomatico esperto e un amico. Abbiamo parlato a lungo della sua nomina ad ambasciatore in Libia, Paese che conosceva e amava. E con il suo stile per nulla formale, da californiano vero, aveva toccato un tema rimasto un po' sotto traccia ma sentito. Quello dell'infiltrazione dei militanti islamisti. «Dicono che arrivino anche dall'estero», aveva affermato. Non era la violazione di un segreto bensì la conferma di notizie pubbliche che rimbalzavano dal Nord Africa. Ma Chris Stevens, pur consapevole dei rischi, non sembrava preoccupato più di tanto. Era abituato ai posti difficili, sapeva cosa fosse il Medio Oriente, conosceva la terribile favola della rana e dello scorpione. Quella dove quest'ultimo uccide la prima dopo che lo ha aiutato ad attraversare il fiume.(...)



Il boomerang sta nel fatto che quanto avvenuto martedì sembra smentire la strategia con cui Obama ha sostenuto la «Primavera araba»: l’intervento militare voluto per salvare Bengasi dalla repressione di Muammar Gheddafi ha gettato la stessa città nella braccia dei salafiti alleati di Al Qaeda così come la scelta di obbligare l’alleato egiziano Hosni Mubarak alle dimissioni ha consentito ai jihadisti di issare le loro bandiere nere sul pennone dell’ambasciata Usa al Cairo, dopo aver ammainato e umiliato la «Old Glory». Convinto di poter creare una nuova stagione di dialogo con i partiti islamici che guidano le transizioni post-dittatori in NordAfrica, Obama si trova alle prese con il colpo di coda dei jihadisti: sfruttare la perdurante instabilità per tentare di ricreare nelle sabbie del Sahara la piattaforma terrorista perduta sulle montagne afghane e pakistane a seguito dell’intervento della Nato.


martedì 11 settembre 2012

Stamattina a Ground Zero (da ilPost.it)

Questa mattina negli Stati Uniti (nel primo pomeriggio italiano) si sono svolte numerose cerimonieper ricordare le persone morte negli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, e altre si svolgeranno nel corso della giornata. A New York i familiari delle persone uccise si sono riunite al Memoriale dell’11 settembre, che si trova sul luogo in cui sorgevano le Torri Gemelle, per partecipare a una cerimonia in ricordo dei loro cari. Alle 8:46 è stato osservato un minuto di silenzio per ricordare il momento esatto in cui il primo aereo si schiantò contro la Torre Nord. È stato osservato il silenzio anche in corrispondenza dei minuti in cui gli aerei dirottati colpirono i loro bersagli, in cui crollarono le torri e in cui il volo United 193 si schiantò a Shanksville, in Pennsylvania: l’aereo era diretto verso il Pentagono e secondo le ricostruzioni è stato probabilmente dirottato dai passeggeri che si sono ribellati agli attentatori. (...)

venerdì 7 settembre 2012

Sdrammatizzare

Forse la frase che aiuta meglio a capire le implicazioni per noi della giornata di oggi è stata pronunciata da Mario Monti, che ha detto (vado a memoria, riporto il concetto): "L'Italia non ha bisogno di aiuti, e lavora per non averne bisogno, ma da oggi la parola aiuto è sdrammatizzata".

Ora tocca a noi, e - qui a mio avviso il senso quasi esplicito di quanto ha detto Monti - l'aiuto - se verrà (e verrà, aggiungo io) - non sarà da pensarsi come giogo; Draghi ha fatto il suo dovere fino in fondo, portando la BCE in territori nuovi (cosa che rende comprensibile il timore dei tedeschi),  e creando un clima molto diverso da quello che ha segnato il difficoltoso - e tragico, per certi aspetti - percorso della Grecia. 

Da oggi la volontà europea di resistere a tutti i costi contro la speculazione è stata certificata (pur con tutte le condizionalità che servono proprio a far sì che l'aiuto non diventi "droga"; fra queste condizioni è da tenere presente che ci sarà un ruolo - anche se "da lontano" - del FMI)

Ora tocca a noi affrontare un percorso senza complessi, senza difficoltà, in serena chiarezza: meglio cominciare a progettare (come si sta già facendo, probabilmente) il "piano di lavoro" che verrà scritto nel memorandum, da farsi approvare (senza farcelo dettare, quindi) da BCE e Commissione europea.

Mettiamo in sicurezza l'Italia: ora ci sono (quasi) tutte le condizioni per farlo, Corte Costituzionale tedesca permettendo (ma anche su questo, forse Draghi ha già posto le basi per muoversi in autonomia; ricordiamo ciò che Monti ha detto al Sole24Ore pochi giorni fa: "Francoforte potrà anche valutare autonomamente").

Francesco Maria Mariotti

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lunedì 3 settembre 2012

Un Silenzio Vero

(...) Perciò l'uomo nuovo, come il Signore Gesù che all'alba saliva solitario sulle cime dei monti (cfr. Mc 1,3; Lc 4, 42; 6,12; 9,28), aspira ad avere per sé qualche spazio immune da ogni frastuono alienante, dove si possibile tendere l'orecchio e percepire qualcosa della festa eterna e della voce del Padre.

Nessuno fraintenda però; l'uomo "vecchio", che ha paura del silenzio, e l'uomo "nuovo" solitamente convivono, con proporzioni diverse, in ciascuno di noi. Ciascuno di noi è esteriormente aggredito da orde di parole, di suoni, di clamori, che assordano il nostro giorno e perfino la nostra notte; ciscuno è interiormente insidiato dal multiloquio mondano che con mille futilità ci distrae e ci disperde.

In questo chiasso, l'uomo nuovo che è in noi deve lottare per assicurare al cielo della sua anima quel prodigio di un "silenzio per circa mezz'ora" di cui parla l'Apocalisse (8,1); che sia un silenzio vero, colmo della Presenza, risonante della Parola, teso all'ascolto, aperto alla comunione. (...)

Carlo Maria Martini, Arcivescovo di Milano - La Dimensione Contemplativa della Vita - 
Lettera al clero e ai fedeli dell'Archidiocesi Ambrosiana per l'anno pastorale 1980/81 - pp.21-22