mercoledì 29 febbraio 2012

Il Silenzio Necessario

Come ha ben scritto il parlamentare Andrea Sarubbi, non sempre il silenzio è inazione. Nella diplomazia, e soprattutto nelle trattative che hanno a che fare con ostaggi, il silenzio può essere lo sfondo necessario per poter agire con maggiore profondità. 

I tempi di una trattativa sono sempre lunghi, ma la pubblicità non aiuta e la retorica del "non dimentichiamoli" rischia di essere - appunto - retorica. Rapitori di questo tipo non sono generalmente "sordi" alle dinamiche pubbliche e percependo questo tipo di reazioni, possono vedere l'occasione di "alzare il prezzo", politico, simbolico, o in denaro che sia.

Forse un discorso analogo vale anche per la vicenda dei soldati trattenuti in India (anche se  - sia chiaro - naturalmente il caso non è minimamente paragonabile a un rapimento): l'informazione rischia di dare molti elementi che ai cittadini non sono per niente utili e che al tempo stesso disturbano le diplomazie al lavoro. 

In questi casi a una visione "astratta" della libertà di informazione va preferita una "disciplina" che porti gli operatori dei mass-media a coordinarsi fortemente con il governo in azione, al fine di arrivare alla soluzione della crisi, al più presto. Non è da escludersi, nelle trattative fra Stati, che sia lo stesso governo - in talune circostanze - a far capire agli operatori dell'informazione della eventuale necessità di pressione pubblica.

Queste situazioni non possono essere gestite con il 100% di liberalismo, per dirla con una formula facile. Prevale realmente la Ragion di Stato, che in questi casi coincide però con il portare a casa le persone, rapite o trattenute.

A volte il silenzio è buona cosa, anche per una democrazia.

Francesco Maria Mariotti


"(...)Più se ne parla – penserei, se fossi un diplomatico al lavoro su questo caso – peggio è, perché ogni attenzione mediatica sulla vicenda rafforza la posizione dei rapitori. E lo stesso direi se fossi un familiare di Rossella: quello che mi sta a cuore è la sua liberazione, non che diventi un simbolo, perché di fronte ai simboli – come ha dimostrato la vicenda del soldato israeliano Gilad Shalit, liberato dopo cinque anni di trattative che hanno coinvolto mezzo mondo – i negoziati si complicano all’ennesima potenza. L’incontro di Cagliari tra il presidente Napolitano e i familiari di Rossella testimonia che lo Stato è presente, ed è questa la cosa essenziale."
Free Rossella, di Andrea Sarubbi

2 commenti:

  1. Ognuno di noi ha diritto di pensare cme vuole quindi prendo per buono questo Suo scritto e mi permetto di porle una, anzi due domande:
    - come mai per altri rapimenti (e l'elenco è lungo e glielo risparmio) il silenzio lo chiedeva l'opinione pubblica per disperazione tant'era il bombardamento mediatico e politico??
    - esistono forse cittadini di serie A (magari quelli appoggiati ad importanti associazioni) e altri di serie B?

    E con l'occasione Le ricordo che l'ultimo silenzio ha portato alla morte di Vittorio Arrigoni, non dimentichiamolo, MAI!!!

    Grazie per l'attenzione.

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    1. Buongiorno Chit,
      ho tentato di risponderLe poco fa, ma ho avuto qualche problema con il mio account. Riprovo più sinteticamente...

      Sulla questione principale, se vi siano cittadini di serie A o serie B, Le dico: no, non ci sono cittadini di serie A o serie B; purtroppo però vi pssono essere situazioni politiche di serie A e di serie B.

      Se un paese è in guerra, gli scenari in cui è coinvolto sono necessariamente più delicati e difficoltosi di altri, inevitabilmente rapimenti che possano esserci all'interno di uno scenario bellico saranno seguiti con maggiore attenzione, e forse - ma ogni caso fa storia a sé - ci saranno anche maggiori limiti all'azione di diplomazia e servizi, per svariati motivi (accordi con alleati, esigenze tattiche, necessità di tutelare informazioni e soldati, etc).

      Detto ciò, penso che comunque un eccesso di pubblicità ( a meno che non sia in qualche modo "concordato") non possa essere positivo per una trattativa, perché questi percorsi possono facillmente far emergere "soluzioni non ortodosse" (esempio banale, il pagamento di un riscatto) che non possono essere fatti alla luce del sole.

      Per quanto riguarda Arrigoni temo che l'analogia con altri casi sia difficile: fra il rapimento del volontario e la sua uccisione per mano dei palestinesi salafiti sono corse - se non erro - meno delle 30 ore di ultimatum che erano pure state date dai fanatici. In quelle condizioni, la possibilità di effettuare una reale e profonda azione diplomatica o di intelligence erano limitatissime, praticamente impossibili, anche perché l'azione forse va letta all'interno di quella sorta di guerra civile permanente - esplicita o strisciante - che intercorre fra le fazioni palestinesi, soprattutto nella Striscia di Gaza.

      Non so se ho risposto alle Sue questioni.
      A presto

      Francesco Maria

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