venerdì 21 dicembre 2012

Epidurale garantita a tutte le donne


L’epidurale per il parto indolore sarà garantita in Italia a tutte le donne. Senza più differenze fra ospedale e ospedale o tra Regione e Regione.
La rivoluzione dei Lea, i livelli minimi di assistenza per i cittadini, ora in fase di revisione, prevede l’inserimento di questa metodica, diffusissima in molti Paesi europei, ma che da noi non ha mai avuto vita facile.
Primo, per questioni legate alla nostra cultura: il biblico «partorirai con dolore» ha condizionato molte donne, limitando in qualche modo l’accesso alla tecnica. Secondo, perché anche una certaconcezione «naturalistica» del parto ha contribuito ad allontanare le partorienti da quella che è considerata, da alcuni, un’eccessiva medicalizzazione della nascita.
Ognuno può pensarla come vuole: adesso, però, la sanità italiana offre a tutte questa opportunità. (...)

L’ONU contro le mutilazioni genitali femminili (ilPost)


L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato ieri una risoluzione che condanna le mutilazioni genitali femminili. Il provvedimento è arrivato dopo una lunga campagna da parte di alcune organizzazioni non governative e di agenzie della Nazioni Unite perché si condannasse apertamente la pratica, diffusa soprattutto in alcuni paesi africani. La risoluzione è stata adottata all’unanimità o più precisamente senza che si procedesse a una votazione formale, il meccanismo con cui vengono approvate le decisioni in cui si è raggiunto un ampio accordo tra i delegati. Tra due anni l’Assemblea esaminerà un rapporto in cui si saranno registrati i progressi nel campo.
La risoluzione era stata sottoscritta da due terzi dei paesi membri dell’Assemblea, tra cui il gruppo degli stati africani. Condanna la pratica delle mutilazioni genitali femminili e riconosce che è una violazione dei diritti umani, oltre a essere dannosa per la salute delle donne e delle ragazze: gli stati sono invitati a prendere provvedimenti perché la pratica sia interrotta e chi la porta avanti venga punito.
Non si tratta di un provvedimento vincolante, ma secondo i proponenti fornisce maggior forza per agire agli stati concretamente impegnati nella lotta alle mutilazioni genitali femminili. L’Unione Africana, l’organizzazione internazionale a cui partecipano quasi tutti i paesi del continente, ha già condannato ufficialmente la pratica.(...)

giovedì 20 dicembre 2012

Quote rosa: c'è un modo diverso per favorire la diversità (da Istituto Bruno Leoni)


(...) Nel briefing paper “Quote di genere: una scelta di merito Considerazioni e proposte alternative” (PDF), Vitalba Azzollini esamina l’inopportunità di questa soluzione legislativa non solo perché essa valorizza un criterio quantitativo rispetto a quelli qualitativi; ma anche perché, al posto di una soluzione legislativa, si sarebbe potuta percorrere la via dell’autoregolamentazione, contemperando in maniera più adeguata l’autonomia organizzativa delle imprese con la sensibilizzazione all’inserimento delle donne nel mondo del lavoro.
“Il quadro sopra delineato - scrive l’autrice - tende a dimostrare come una scelta in senso diverso da quella dell’imposizione coattiva di una riserva di genere, volta a valorizzare mediante un’adesione spontanea e discrezionale, ma nel contempo assistita da un sistema sanzionatorio, ogni tipo di diversità (quindi non solo quella femminile) per l’esperienza in grado di apportare all’impresa, e non solo ai vertici ma anche alla base e nelle posizioni intermedie, là dove si trovano le fasce più “deboli” di lavoratrici, avrebbe ben potuto costituire una strada percorribile, evitando il prodursi di rigidità che si frappongono a una più efficiente gestione aziendale nel perseguimento di obiettivi di bene comune.”(...)


mercoledì 19 dicembre 2012

Grecia, un paese in stato di shock (da PressEurop)


(...) Ma in questo modo ci sfugge la verità. Sulla Grecia, sulla Germania e sull’Europa. Pieper parla di “rimozione di massa” per spiegare ciò che sta accadendo, e i meccanismi di difesa dei politici, in particolare, funzionano a meraviglia. 

Ecco come si è presentata la Grecia agli occhi di Pieper nell’ottobre del 2012: donne in avanzato stato di gravidanza supplicano gli ospedali di farle entrare, e se non hanno un’assicurazione o denaro a sufficienza nessuno le aiuta a mettere al mondo i loro figli. Persone che fino a poco tempo fa facevano ancora parte della classe media raccolgono resti di frutta e legumi per le strade della periferia di Atene. 

Un vecchio racconta che non può più pagare le medicine per il cuore perché la sua pensione è stata dimezzata. Dopo aver lavorato per più di quarant’anni pensava di aver fatto il suo dovere, ma oggi non capisce più come funziona il mondo. Le persone che vanno in ospedale sono invitate a portarsi da casa lenzuola e cibo. Da quando le imprese di manutenzione sono state congedate sono i medici, gli infermieri e gli aiuto-infermieri (senza stipendio da mesi) che si incaricano della gestione delle strutture. In ospedale mancano guanti e cateteri. L’Unione europea parla di un rischio di propagazione di malattie infettive. (...) 

Non serve essere una Cassandra o un esperto per immaginare l’impatto che tutto questo può avere sulle relazioni sociali tra gli individui e sul clima della società greca. Il risentimento nei confronti di un sistema corrotto e di una politica internazionale i cui aiuti finiscono nelle casse delle banche anziché nelle tasche dei bisognosi è enorme. E se possibile sta aumentando. Gli uomini portano questo odio a casa, in famiglia, e i loro figli lo riportano in strada. I gruppi violenti che attaccano le minoranze si moltiplicano rapidamente. 
A novembre gli Stati Uniti hanno emanato un avviso per chi aveva intenzione di recarsi in Grecia, sottolineando la pericolosità del paese, in particolare per i neri. Per la Grecia, da sempre considerata un luogo ospitale, è qualcosa di sconvolgente. 

In tempi normali anche il più terribile degli eventi non è sufficiente a mettere l’individuo in ginocchio, spiega Pieper, perché tutti noi siamo dotati di un istinto di sopravvivenza estremamente sviluppato. E questa è una buona notizia. La cattiva notizia è che questo istinto funziona soltanto in una società in salute, capace di ammortizzare lo shock. La tragedia di Utøya ha mostrato la forza che una società di questo tipo è in grado di sprigionare. Tutta la Norvegia ha sostenuto le vittime dopo il massacro, come se qualcuno avesse coperto il paese con una campana di solidarietà. 

In Grecia le fondamenta della società sono state erose fino a farla affondare. La crisi ha annientato lo stato sociale. “L’uomo – scrive Geog Pieper – si trasforma in un essere selvaggio in questo tipo di situazioni drammatiche”. La necessità lo allontana dalla ragione, e l’egoismo prende il posto della solidarietà. (...)


lunedì 17 dicembre 2012

La Laicità di Primo Levi (da Linkiesta - aprile 2012)


Nessun profeta ardisce più rivelarci il nostro domani, e questa, l’eclissi dei profeti, è una medicina amara ma necessa­ria. Il domani dobbiamo costruircelo noi, alla cieca, a tentoni; costruirlo dalle radici, senza cedere alla tentazione di ricomporre i cocci degli idoli frantumati, e sen­za costruircene di nuovi.

*Primo Levi, L’altrui mestiere, Einaudi, Torino 1985, pp. 245-247

Primo Levi e il Lavoro

Questa sera Roberto Benigni - in uno spettacolo non sempre felice, a mio avviso - ha parlato di amore per il lavoro come forma di felicità terrena. Credo fosse una citazione voluta di Primo Levi. Forse può interessare rileggere la pagina de "La chiave a stella", perché credo abbia spunti ancora molto interessanti.

FMM


L'argomento era centrale, e mi sono accorto che Faussone lo sapeva. Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l'amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra: ma questa è una verità che non molti conoscono. Questa sconfinata regione, la regione del rusco, del boulot, del job, insomma del lavoro quotidiano, è meno nota dell'Antartide, e per un triste e misterioso fenomeno avviene che ne parlano di più, e con più clamore, proprio coloro che meno l'hanno percorsa. Per esaltare il lavoro, nelle cerimonie ufficiali viene mobilitata una retorica insidiosa, cinicamente fondata sulla considerazione che un elogio o una medaglia costano molto meno di un aumento di paga e rendono di più; però esiste anche una retorica di segno opposto, non cinica ma profondamente stupida, che tende a denigrarlo, a dipingerlo vile, come se del lavoro, proprio od altrui, si potesse fare a meno, non solo in Utopia ma oggi e qui: come se chi sa lavorare fosse per definizione un servo, e come se, per converso, chi lavorare non sa, o sa male, o non vuole, fosse per ciò stesso un uomo libero. È malinconicamente vero che molti lavori non sono amabili, ma è nocivo scendere in campo carichi di odio preconcetto: chi lo fa, si condanna per la vita a odiare non solo il lavoro, ma se stesso e il mondo. (da La chiave a stella)


La Vigilanza Di Draghi

I nuovi poteri di vigilanza della Banca centrale europea aiuteranno a ripristinare la fiducia nel settore e di conseguenza gli istituti torneranno a prestarsi denaro tra loro sul mercato interbancario. E’ questo secondo Mario Draghi uno degli effetti dei maggiori poteri di vigilanza e supervisione conferiti dai leader europei la settimana scorsa all’istituto centrale, che potrà esercitarli pienamente a partire dal 2014. “Il meccanismo di supervisione unica – ha detto oggi Draghi di fronte alla Commissione Finanze del Parlamento europeo – contribuirà a riportare la fiducia nel settore bancario e a rianimare i prestiti sul mercato interbancario e quello del credito con effetti tangibili sull’economia reale”. (...)


domenica 16 dicembre 2012

Libano del Sud, dove si combatte per i cuori e le menti della popolazione (ilSole24Ore)

(...) La missione Leonte è anche questo: un taglio di nastri e una festa. Iniziata nel settembre 2006 con lo sbarco del San Marco sulla spiaggia di Tiro (in realtà i primi arrivarono in elicottero, causa mare agitato), è arrivata al tredicesimo avvicendamento di truppe italiane. Israele ed Hezbollah congelati in un fragile cessate il fuoco non hanno smesso di pensare che prima o poi dovranno chiudere i conti lasciati aperti dalla guerra di allora. Adesso c'è anche la Siria in fiamme, giusto oltre il confine a Est, che potrebbe contagiare il Libano. I problemi sono sempre lì e ai vecchi se ne sono aggiunti di nuovi (...)
dal nostro inviato Ugo Tramballi - Il Sole 24 Ore - leggi su Libano del Sud, dove si combatte per i cuori e le menti della popolazione

venerdì 14 dicembre 2012

Accordo Storico? (l'Europa e le Banche)

L’eurozona approva la sorveglianza bancaria. E in questo caso le notizie sono tre. Da un lato il mantenimento di una promessa fatta durante il Consiglio europeo di ottobre, in cui si era previsto un accordo entro la fine dell’anno. Dall’altro c’è il rischio di un ulteriore ritardo nell’entrata effettiva in vigore del nuovo Single supervisory mechanism (Ssm), ennesimo acronimo che rappresenta proprio la nuova vigilanza bancaria centralizzata, che sarà data in seno alla Banca centrale europea (Bce). Infine, la terza notizia, forse quella più importante: sotto il cappello della Bce finiranno solo le banche con asset complessivi superiori a 30 miliardi di euro. Escluse quindi le Landesbank tedesche, ma anche le casse di risparmio francesi.

Una vittoria a metà per l’Europa, una vittoria totale per Francia e Germania. Doveva arrivare un accordo entro la fine dell’anno. E così è stato. Dopo un Ecofin durato fino a tarda mattina, è stato dato il via libera al Ssm, che darà pieni poteri di vigilanza alla Banca centrale europea su tutti gli istituti bancari della zona euro (con possibile estensione su base Ue, ndr) con un attivo superiore a 30 miliardi di euro. Una soluzione che va bene a Berlino, che non voleva la creazione di distorsioni di potere in seno alla Bce, ma che va bene anche a Parigi, che voleva che la Bce fosse autonoma nella scelta delle banche da seguire. «Controllare 6.000 banche non è possibile», dicevano i tedeschi, desiderosi di mantenere l’indipendenza sulla sorveglianza delle Landesbank.
La soluzione che si è trovata è quindi a metà perché, in ogni caso, l’ultima parola sulla vigilanza di uno o di un altro istituto bancario spetta alla Bce.


giovedì 13 dicembre 2012

Giappone: la Costituzione pacifista e le nuove esigenze strategiche (Aspenia online)

Nell’avvicinarsi delle elezioni del 16 dicembre è tornato di grande attualità in Giappone il tema della revisione dell’articolo 9 della Costituzione, che non solo sancisce il rifiuto della guerra come mezzo di soluzione dei conflitti ma anche vieta la creazione di un apparato militare potenzialmente aggressivo. Per quanto non sia la prima volta che si apre un dibattito sull’argomento, le implicazioni di ordine strategico appaiono più rilevanti rispetto al passato, in ragione del mutato contesto in cui il Giappone si trova a muoversi, e prefigurano cambiamenti di rilievo nei rapporti con tutti i partner, regionali e globali. Gli stessi aspetti formali del dibattito, a partire dal nome e dallo stato giuridico di quelle Forze di autodifesa (SDF) che svolgono le veci delle “normali” forze armate, fanno ora presagire una svolta di sostanza circa la “responsabilità militari” di una grande potenza economica come il Giappone.(...)

Le spinte decisive appaiono però quelle dall’esterno, ovvero la crescente assertività cinese, con il connesso build up militare, e le richiese americane di un maggiore coinvolgimento di Tokyo in una strategia di “blocco” che ha l’obiettivo di garantire la stabilità regionale. Si tratta di spinte convergenti seppure di segno opposto. Stanno diventando un fattore di accelerazione per una linea di sviluppo che altrimenti sarebbe lenta e contraddittoria. In Giappone infatti il pacifismo è ben radicato nelle coscienze. Ben pochi auspicano un ritorno a quel passato militarista che proprio la Costituzione e il suo articolo 9 intendevano cancellare. Ma sempre più urgente appare agli occhi dell’opinione pubblica una risposta secca e “muscolare” a quelle che vengono percepite come provocazioni cinesi. La difesa delle pur lontanissime Senkaku è un assioma indiscutibile per tutti. L’ipotesi di chiedere un parere alla Corte internazionale di Giustizia è respinta con sdegno seppure con scarsa coerenza politica (alla stessa Corte di Giustizia ci si vuole appellare per il contenzioso con la Corea del Sud, dove sono invertiti i ruoli di chi rivendica e chi ha già il controllo di un arcipelago).(...)

Giappone: la Costituzione pacifista e le nuove esigenze strategiche (Aspenia online)

Il Regno Unito risarcirà un dissidente libico (ilPost)

(...) La famiglia Saadi, che oggi risiede in Libia, ha accettato un pagamento da parte del governo britannico di 2,23 milioni di sterline, in forma di “compensazione”: l’accordo pone fine alla disputa legale iniziata dai Saadi alla fine del 2011 e non ammette formalmente alcun coinvolgimento o responsabilità nel rapimento. Le prove di un ruolo del Regno Unito nell’operazione, che è probabilmente l’unico caso in cui un’intera famiglia è stata vittima di un rapimento illegale (le extraordinary rendition frutto della collaborazione dei servizi segreti, conosciute in Italia soprattutto per il caso Abu Omar) emersero tra le carte degli uffici dei servizi segreti libici nel 2011, dopo la caduta di Gheddafi.



Memorandum Monti (ilFoglio)


(...) Monti ha deciso di presentare in Parlamento un Memorandum in cui mettere nero su bianco i punti essenziali che dovranno essere considerati – e fatti propri – da chiunque nel 2013 arriverà a guidare il futuro governo italiano. Il Memorandum a cui sta lavorando Monti è stato pensato (non a caso) per contenere gli stessi punti che l’Italia dovrebbe sottoscrivere il giorno in cui dovesse chiedere l’intervento del Fondo salva-stati e il documento sarà articolato intorno a tre grandi direttrici: non si torna indietro rispetto alle scelte compiute in materia di pensioni e di flessibilizzazione del mercato del lavoro; le risorse che risulteranno disponibili dovranno essere destinate prioritariamente a ridurre il carico fiscale su lavoro e impresa; infine non si dovranno mettere in discussione tasse fondamentali per le casse dello stato come l’Imu. (...)
. E alla fine – come racconta al Foglio chi ha avuto modo di parlare con il presidente del Consiglio nelle ultime ore – il profilo che sceglierà Monti nelle prossime settimane non sarà quello del candidato che scende direttamente in campo; ma sarà più simile a quello di una grande diga eretta contro il populismo delle forze anti europeiste italiane (come da consiglio di Giorgio Napolitano). E in questo senso l’obiettivo di Monti nel corso della campagna sarà quello di trasformare le elezioni non in un giudizio popolare su Pier Luigi Bersani o su Silvio Berlusconi ma più semplicemente in un grande referendum sull’Europa e più in generale sull’euro.(...)
“Non so se Monti ha intenzione davvero di portare in Aula questo Memorandum – dice al Foglio il senatore del Pd Pietro Ichino – ma se davvero dovesse prendere questa strada credo che sarebbe una soluzione ideale. Tutti i politici sarebbero costretti a mettere i piedi per terra. Avranno addosso i fari puntati del mondo intero. E a quel punto Monti diventa non l’esponente di questa o quella forza politica ma diventa il garante di quella carta di intenti. Molti parlamentari del Pdl sarebbero in grave difficoltà a non rispondere positivamente alla sollecitazione di Monti. E anche per Bersani questa iniziativa sarebbe importante: sarebbe l’occasione per riconfermare con la necessaria chiarezza davanti a tutti i nostri interlocutori stranieri, europei e non, il commitment del centrosinistra sul terreno della strategia europea dell’Italia”.

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mercoledì 12 dicembre 2012

Agente Maya

Guido Olimpio ha scritto un bellissimo articolo sull'"Agente Maya", la donna che scovò Osama Bin Laden. Il testo è reperibile sulla pagina FB dell'articolista. Anche l'Huffington Post ha scritto un pezzo, attingendo allo stesso Olimpio. Di seguito alcuni brani degli articoli.
FMM

Che sia di carattere e combattiva lo dice la sua storia. Agente-donna della Cia, sui 30 anni, ha sfidato i veterani più scaltri insistendo con la sua teoria del corriere: "Se vogliamo trovare Osama dobbiamo trovare e seguire chi gli porta i messaggi". Lo diceva, lo ripeteva, non le davano retta. Poi alla fine si sono convinti. La Casa Bianca premeva per dei risultati nelle indagini sul capo di Al Qaeda e hanno allora provato. Bingo. Così - secondo la versione ufficiale - sono arrivati a Bin Laden e al suo rifugio a Abbottabad in Pakistan. 
Lei ha gustato quella vittoria fino in fondo, riuscendo a vedere il corpo senza vita della "preda". La sua "preda". Poi un pianto liberatorio - raccontano - accucciata sull’aereo che trasportava la salma del terrorista. Ma il caso della 007 ha avuto una coda non proprio elegante. La Cia, mesi dopo, le ha conferito la più alta onorificenza dell’agenzia - la Distinguished Intelligence Medal -, un riconoscimento meritato. Solo che quella medaglia è stata assegnata anche altri agenti che hanno partecipato all’operazione. E lei non ha gradito. (...)Continua sulla pagina FB di Guido Olimpio


La sua intuizione è stata decisiva per la cattura di Osama Bin Laden, ma ora i repubblicani e alcuni colleghi della Cia la accusano di aver voluto strafare. La 007 per la stampa è ormai conosciuta come "Maya", come la protagonista del film "Zero Dark Thirty" di Kathryn Bigelow, dedicato proprio al blitz contro Osama. A lei va il merito di aver avuto l'intuizione che ha permesso agli Usa di stanare il capo di al Qaeda: "Seguire chi porta i messaggi". E' proprio così che gli agenti della Cia sono arrivati al rifugio di Osama ad Abbottabad, in Pakistan. http://www.huffingtonpost.it/2012/12/12/cia-la-vera-storia-dellag_n_2282580.html?ncid=edlinkusaolp00000003

Le scuse di Cameron per Pat Finucane (ilPost)


Il primo ministro britannico David Cameron ha tenuto un discorso alla Camera dei Comuni in cui ha chiesto ufficialmente scusa alla famiglia di Pat Finucane, un avvocato ucciso a Belfast, in Irlanda del Nord, nel 1989. Cameron ha ammesso che nell’assassinio di Finuncane, realizzato dall’Ulster Defence Association, un’organizzazione terroristica nordirlandese contraria all’indipendenza dal Regno Unito, ci fu un coinvolgimento di poliziotti e soldati.
Cameron ha commentato i risultati di un’inchiesta governativa svolta dall’avvocato Desmond de Silva: ha denunciato uno «scioccante livello di cospirazione» nell’omicidio e una «inaccettabile» cooperazione tra le forze di sicurezza e i terroristi. Ha anche detto che con ogni probabilità è stato un funzionario o più di uno del Royal Ulster Constabulary, la polizia dell’Irlanda del Nord, a proporre Finucane come obiettivo per i terroristi. Cameron però ha negato l’esistenza di un complotto più vasto e di una strategia organizzata per usare i terroristi contro gli irlandesi favorevoli all’indipendenza.
http://www.ilpost.it/2012/12/12/le-scuse-di-cameron-per-pat-finucane/

Siria come la Libia?

Andiamo verso una nuova Libia? Il riconoscimento americano della Coalizione degli insorti come rappresentante legittimo del popolo siriano, seguita oggi anche dalla dichiarazione europea di Marrakesh dello stesso tenore, segna una svolta forse ancora maggiore dello schieramento dei Patriot della Nato ai confini della Turchia. Anche se la Francia e altri Paesi che fanno parte del gruppo "Amici della Siria" affermano di non essere pronti di Alberto Negri - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/nc8uh

Se i generali parlano con i ribelli via Skype. Dai media sale un ronzio inverificabile sulla possibilità di un’imminente azione militare a favore dei ribelli. Il numero domenicale del Times – quello di solito dedicato agli scoop – sostiene che l’Amministrazione Obama sta cedendo ai ribelli uno stock di armi pesanti comprato dalla Libia, residuato funzionante degli arsenali di Gheddafi, e ora intende appoggiare i ribelli in guerra, lasciando perdere gli aiuti “non letali”. Pochi giorni prima il Times aveva intervistato una fonte militare dentro il Pentagono, che aveva assicurato: “Siamo in standby, siamo pronti a intervenire nel giro di pochi giorni”. Ieri altra stampa inglese, Guardian e Independent, raccontavano di un meeting – poche settimane fa – tra il capo di stato maggiore britannico, il generale David Richards, e generali di Francia, Stati Uniti e Turchia, più due paesi arabi che già hanno partecipato alle operazioni in Libia, il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti (manca l’Italia). Il giornale francese Figaro venerdì ha pubblicato la notizia che militari francesi sono entrati in Siria per parlare con i ribelli e avere un quadro esatto, e gli incontri sono avvenuti tra il confine libanese e la capitale Damasco. Anche militari americani e inglesi si sono incontrati con i ribelli, scrive il Figaro, ma dietro il confine turco, “per paura di rapimenti”. Il Pentagono passerebbe giornate a parlare con i ribelli dentro la Siria via Skype. Decidere di chi fidarsi e di chi no potrebbe essere il compito più pericoloso, più che la reazione armata di Assad. 
http://www.ilfoglio.it/soloqui/16151

Albert Otto Hirschman

"(...) Il secondo libro è “Rhetoric of Reaction: Perversity, Futility, Jeopardy”. Uscito nel 1991, rimane una testimonianza critica della narrazione conservatrice degli anni ’80 ben più interessante e acuta di quelle che oggi ormai affollano il dibattito pubblico. È un libro che unisce il pensiero politico (con le riflessioni sulla reazione in una prospettiva di “lunga durata”) e la stessa comunicazione politica, in modo davvero efficace. Il libro nasce dall’approfondimento di un intervento di Dahrendorf al convegno organizzato dalla Ford Foundation nel 1985 su “La crisi del welfare state”. Le tre retoriche, per Hirschman, sono la reazione conservatrice dell’allargamento della dimensione civile, politica e sociale della cittadinanza (le retoriche rivoluzionarie, progressiste e riformiste). Nella tesi della perversità, ogni azione volta a migliorare l’ordine sociale porta a peggiorare la condizione a cui si vuole rimediare. Secondo la futilità, il risultato del cambiamento sarà irrilevante, quindi non vale la pena di proporlo. Secondo l’ultima tesi, i cambiamenti mettono a repentaglio in modo decisivo alcune fondamentali conquiste precedenti. Hirschman interpreta il pensiero politico ottocentesco e del suo tempo (riferendosi, tra gli altri, a Hayek e a un autore ancora vivente e attivo come Charles Murray) con queste categorie. Come scrisse lo stesso Hirschman, la parte più interessante del libro è forse quella in cui mette in discussione i totem della sua parte politica, le “retoriche del progresso”, tra cui la “teoria del pericolo imminente” e la credenza che “la Storia è dalla nostra parte” (...)". 

 
Leggi anche: dal sito Sbilanciamoci

Dal Sole24Ore

Gli anni ’70, quel buco nero della storia che si mangia il futuro (David Bidussa)


La domanda non è solo: perché è così difficile affrontare la storia degli anni del terrorismo, bensì che cosa implica proporsi di scriverla.
Preliminarmente occorre liberarsi dal fascino del ricorso agli arcana imperii, un richiamo che non è solo sullo specifico tema, ma che domanda allo storico o all’analista del passato di svolgere una funzione didattica, pedagogica anche per il dopo. Ovvero di lavorare per rimuovere le cause che periodicamente fanno tornare in auge la dimensione complottista della spiegazione storica, un dato in cui ancora oggi noi siamo profondamente immersi e che è anche l’effetto non solo della profondità dei luoghi comuni, ma anche del modo in cui si è discusso di storia, anche a sinistra, negli ultimi trenta anni, spesso affrontando la spiegazione della storia come narrazione “controstorica”, “indiziaria”, “ipotetica”.
Una procedura che spesso ha prodotto o confermato un canone complottista della spiegazione storica. All’origine di quella difficoltà stanno questioni di carattere generale. Ne elenco alcune.

venerdì 7 dicembre 2012

L'Italia Torna Instabile: Intervenga Draghi

Forse qualcuno credeva che "il ritorno della politica" sarebbe stato tutto all'insegna del "voto popolare e festoso" delle primarie o dinamiche simili. 

In realtà la giornata di ieri rappresenta un segnale amaro, ma certo non inaspettato: la politica ha bisogno di semplificazioni e di strappi, soprattutto in periodo elettorale.

Se anche è possibile che le elezioni vengano vinte da una forza politica responsabile, lo scenario complessivo si preannuncia instabile, con il rischio che prevalga in molte forze una retorica antieuropeista.

Per questo ritorna purtroppo attuale quanto già scritto in agosto e in ottobre: contro il rischio di vanificare in poche settimane i sacrifici che in questo anno gli italiani hanno fatto, è necessario che il governo Monti si assuma la responsabilità di concordare con la BCE un piano di aiuti che serva a tenere sotto controllo lo spread anche nel periodo elettorale, e garantisca cittadini e investitori su quanto succederà dopo il voto, quale che sia il risultato.

Le forze politiche devono trovare un percorso definito e non discutibile dopo il voto, pur con la necessaria libertà di manovra su alcuni punti.
Non è limitazione della sovranità: è garantirci un futuro di fronte a una quasi certa instabilità.


Francesco Maria Mariotti


martedì 4 dicembre 2012

Donne Che Vogliono Combattere In Prima Linea


Ho già scritto in passato su come sia problematica - dal mio punto di vista - l'idea (e la realtà) di donne che combattono in prima linea in guerra. E' un dilemma non facile, e capisco che le donne che vogliono dare il loro contributo alla sicurezza nazionale possano sentire come intollerabile un limite legato alla differenza di genere. 

Eppure, come appunto già scrivevo, mi riesce difficile pensare a una così piena parità da includere anche la violenza come fattore da "parificare", da mettere nella bilancia del confronto uomini-donne. 

E' un passaggio che forse necessiterebbe di una riflessione più approfondita. Anche se - comunque meglio precisarlo - la libertà personale di ogni donna di decidere come gestire la propria vita rimane indiscutibile. 

Eppure questo è un problema che ha comunque una ricaduta su di noi, su come vediamo anche il rapporto uomo-donna, non solo nella guerra. 
Non sottovalutiamo il dilemma.

Francesco Maria Mariotti

La scorsa settimana quattro soldatesse americane hanno incaricato l’ACLU (American Civil Liberties Union), un’organizzazione non governativa a difesa dei diritti civili e delle libertà individuali negli Stati Uniti, di depositare una causa alla Corte Federale di San Francisco contro il Pentagono. Le soldatesse chiedono una cosa apparentemente ovvia: poter combattere per l’esercito di cui fanno parte. La Difesa degli Stati Uniti impone infatti delle restrizioni nei confronti delle donne nell’esercito, alle quali è vietata l’azione diretta sul campo.
Il maggiore Mary Jennings Hegar, una delle quattro soldatesse ad aver promosso la causa, era in missione in Afghanistan quando il veicolo sul quale viaggiava, che trasportava dei militari feriti, fu attaccato. Nonostante fosse stata colpita da un proiettile portò a termine la missione e per questo motivo guadagnò la Purple Heart, la medaglia che viene conferita ai militari americani che si sono distinti in battaglia. Ma in realtà Hegar, che è stata in Afghanistan tre volte, in quel momento non era ufficialmente impiegata in un’operazione militare sul campo. Molte operazioni infatti, pur non essendo tecnicamente sul campo, comportano rischi per i militari. Per questo motivo le quattro soldatesse ritengono che le restrizioni imposte dalla Difesa statunitense siano incostituzionali, anche perché, dato che le donne costituiscono il 14 per cento di tutti i soldati americani attivi (un milione e 400 mila), viene di fatto vietato loro l’accesso a 238 mila professioni e la possibilità di ricoprire posizioni di rilievo e ottenere promozioni. 
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Cartolina da Bakwa (Diario da Herat)


Bakwa è un luogo remoto dell'Afghanistan sud-occidentale dove vivono diverse migliaia di persone, sparpagliate in una miriade di villaggi che sorgono in lande desertiche ai piedi di montagne basse e aguzze. È un distretto tra i più poveri della regione ma anche tra i più suggestivi. E pericolosi, perché qui trovano rifugio numerose bande armate di fuorilegge e perchè è il crocevia dei traffici legali e illegali diretti dall'Helmand verso il confine iraniano.  
  
È a Bakwa che il nostro Esercito due anni fa ha schierato la Task Force South East, costruendo un argine per limitare le infiltrazioni da sud di insorti e criminali. È dalla base operativa avanzata 'Lavaredo' (così battezzata dagli Alpini del 7^ reggimento di Belluno che la inaugurarono) che i nostri escono in pattuglia tutti i giorni insieme alle forze afghane, lungo itinerari a tratti costellati di trappole esplosive. È il posto dove un mese fa è morto in combattimento l'alpino Tiziano Chierotti, e altri prima di lui.  (...)


lunedì 3 dicembre 2012

La Grecia Si Sta Salvando?

Segnali di distensione sulla crisi di Atene che tiene banco da tre anni. La Grecia ha lanciato un piano di riacquisto volontario di titoli di stato da 10 miliardi di euro, a prezzo molto scontato. Si tratta di una delle condizioni imposte al Paese per ricevere i fondi dall'Unione europea e dal Fmi. L'agenzia nazionale del debito ha fatto sapere che i detentori di titoli dovranno presentare le loro obbligazioni entro venerdì per ricevere in cambio un pagamento tra il 32,2 e il 40,1% del valore nominale. Gli investitori devono dichiarare il proprio interesse a vendere tra il 7 e il 17 dicembre. 


(...)L'accordo raggiunto in questi giorni è stato quello di un ammorbidimento del processo di controllo del debito pubblico greco.

La Grecia e il resto d'Europa avevano l'obiettivo di tenere Atene nell'euro per evitare sia una crisi maggiore in Grecia sia un possibile effetto domino negli altri Stati europei. Il costo del salvataggio della Grecia è elevato, ma è una goccia in confronto a quanto costerebbe una crisi che, alla fine, dopo la Spagna, lambisse prima l'Italia e poi addirittura la Francia. La conclusione del ragionamento era che, se i politici e i banchieri centrali fossero stati “avversi al rischio” (vale a dire: meglio una grossa perdita oggi che una possibile enorme perdita domani), avrebbero salvato la Grecia. E così è stato.

Il debito pubblico greco quest'anno è stato ristrutturato due volte. La prima volta è stato ristrutturato il debito detenuto dai privati, la seconda - ed è la novità di questi giorni - quello detenuto dalle autorità (Banca centrale europea, Fondo salva-Stati). La ristrutturazione per le autorità in sostanza consiste: 1) nell'allungare le scadenze del debito, ossia nel farlo scadere soprattutto quando la Grecia starà meglio; 2) nel ridurre il costo del debito per il Tesoro, ossia nel ridurre le cedole correnti e nel “regalare” al Tesoro greco le cedole accumulate. Insieme a queste misure si allungano i tempi richiesti per il rientro dei conti deficitari dello Stato. Un elevato obiettivo di surplus di bilancio è rimandato, in modo che la “strizzatura” dell'economia sia meno forte. I particolari sono qui. (...)



Siria vicino al collasso?


(...) Le intelligence straniere ritengono che la Siria abbia il più grosso arsenale di armi chimiche tra cui iprite, gas nervini come il Sarin e il più letale di tutti, il Vx.

«Si tratta di una linea rossa per noi, ancora una volta abbiamo avvertito Assad, il suo comportamento è da condannare, le sue azioni contro il popolo siriano sono tragiche» ha detto Clinton. Secondo la quale l'eventuale uso di armi chimiche da parte del regime siriano provocherebbe una risposta degli Stati Uniti. 
Le preoccupazioni degli Usa su un eventuale ricorso del regime di Damasco del suo arsenale di armi chimiche «sono aumentate», ha aggiunto nel pomeriggio il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, sottolineando come sia in allo studio «un piano di emergenza». «Assad deve sapere che il mondo sta guardando», ha detto Carney, senza però anticipare quali azioni gli Stati Uniti intendano prendere. (...)




Innanzitutto, anche se questo, forse, non è ancora il fattore più importante: il Consiglio Nazionale Siriano ( un organismo scarsamente rappresentativo e formato soprattutto da esuli vicini ai Fratelli Musulmani o all’ opposizione liberale con pochi agganci con la realtà fattuale della resistenza nel paese) è stato sciolto per dar vita ad un nuovo organismo più rappresentativo che dovrebbe dar vita in futuro ad un governo provvisorio in esilio riconosciuto internazionalmente dai paesi arabi ed europei per il quale si sono battuti soprattutto la Francia, i Paesi del Golfo, la Turchia ecc. A questo organismo, per ora non aderiscono quei gruppi salafiti e jihadisti, molto combattivi e ben armati, come lo Jabhat al Nusra che è passato da una tattica basata sugli attentati alla bomba a vere e proprie tattiche militari.

L'insensata «guerra» ai redditi dell'Europa (ilSole24Ore)


Quando il mercato asiatico sarà pienamente sviluppato, con una propria robusta domanda interna, né l'Europa, né gli Stati Uniti avranno le dimensioni da soli per essere indispensabili agli altri Paesi. La capacità europea e americana di esercitare influenza politica nel mondo sarà molto diminuita. E, più grave ancora, la soluzione dei contrasti che dovessero insorgere tra Occidente e Oriente rischia di abbandonare il linguaggio negoziale della cooperazione commerciale, tipico della diplomazia europea, e minaccia di ritornare sul piano del conflitto politico se non addirittura di quello militare. Evitare questo scenario di incertezza ed esercitare la logica del dialogo economico è ancora alla portata di Usa ed Europa. Ma perché ciò sia possibile, è necessario che le due crisi parallele, il fiscal cliff americano e la crisi dell'eurozona, vengano risolte prima possibile.
 

La conferenza per cambiare Internet (ilPost)


Oggi a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, inizia la 2012 World Conference on International Telecommunications (WCIT), un’importante conferenza voluta dall’Unione internazionale delle telecomunicazioni (ITU) delle Nazioni Unite, che secondo diversi osservatori potrebbe cambiare il modo in cui è organizzata e gestita Internet. L’incontro servirà per fare il punto su un dibattito che va avanti da anni su come debba essere riorganizzato il controllo da parte dei governi mondiali sulla Rete. L’obiettivo dell’ITU è di arrivare a qualcosa di concreto in questi giorni, anche se pare già evidente che il confronto continuerà nei mesi prossimi. L’iniziativa è fortemente contestata dalle principali società attive su Internet, a partire da Google, che temono l’approvazione di nuove norme che potrebbero limitare il libero accesso alla Rete e rendere marginale il peso delle aziende private nella sua gestione.
Che cos’è l’ITU
L’Unione internazionale delle telecomunicazioni (ITU) fu fondata il 17 maggio del 1865 a Parigi. Chiamata inizialmente International Telegraph Union, aveva il compito di stabilire regole comuni e standard per le comunicazioni. Nel 1947 divenne una agenzia specializzata delle Nazioni Unite e stabilì la propria sede a Ginevra. Gli stati che fanno parte dell’ITU sono 193, cui si aggiungono centinaia di altre società e istituti di ricerca. Come un secolo e mezzo fa, l’agenzia ha il compito di stabilire e promuovere gli standard per le telecomunicazioni, ponendo anche obiettivi per la realizzazione delle nuove infrastrutture a livello internazionale. (...)

venerdì 30 novembre 2012

La Palestina Diventa "Stato Osservatore" dell'ONU: Passo Avanti?


L'odierna decisione dell'ONU può essere valutata in diversi modi: dal punto di vista ideale è sostanzialmente corretta, e benvenuta nel momento in cui tende a voler rafforzare - in teoria - la parte moderata delle forze palestinesi, rappresentate da Abu Mazen. il problema è che in questo caso - avviene spesso, per la verità - l'orizzonte diplomatico e quello più "realpolitik" possono scontrarsi: il riconoscimento della Palestina - contravvenendo alla dimensione bilaterale degli accordi di Oslo - può legittimare un abbandono delle trattativa da parte di Israele, soprattutto se alle prossime elezioni Netanyahu uscisse vincitore; ma soprattutto è da capire se parlando di Palestina parliamo ancora effettivamente di un solo stato o se oramai in campo abbiamo due entità più o meno separate; e ancor più rilevante è capire  - in questo contesto - se la parte che si vorrebbe aiutare (Abu Mazen) è in grado di reggere un eventuale "scontro" con Hamas, o comunque in generale una "competizione" anche solo dal punto di vista politico e diplomatico. Detta brevemente: chi rappresenta effettivamente - non in termini ideali, ma in termini di concreto monopolio della forza e controllo politico, tanto per parlarci chiaro - l'interesse, le speranze, le possibilità di futuro dei palestinesi? 

Se da questo voto Abu Mazen traesse realmente la forza per "riprendere" la guida di tutto il popolo palestinese e del processo di pace, allora l'evento di oggi sarà stato un vero passo in avanti. Ma è purtroppo anche possibile uno scenario molto più confuso e conflittuale, e allora la giornata di oggi potrebbe rivelarsi una amara illusione.

Festeggiamo questo voto, e anche la capacità di muoversi del governo Monti. 
Ma i dubbi di Israele e USA non sono infondati. 
Ed è bene non illudersi sul futuro della pace.

Francesco Maria Mariotti

(segue rassegna stampa)

giovedì 29 novembre 2012

Rischio Ungheria?



Condivido con voi la dichiarazione dell'ottima Debora Serracchiani in occasione dell'interrogazione alla Commissione europea con cui denuncia la richiesta del partito di estrema destra Jobbik, che ha proposto di stilare una lista di tutte le imprese ungheresi di proprietà di ebrei, e una lista di persone con doppia cittadinanza ungherese e israeliana , che rappresenterebbero un 'rischio per 
la sic
urezza nazionale.

"In Ungheria è in corso una minaccia dei comuni valori europei non dovrebbe essere necessario sottolineare la gravità di quanto sta accadendo in Ungheria dove, da parte di formazioni organizzate, il richiamo all'antisemitismo e ai metodi del nazismo è sempre più esplicito e arrogante; I precedenti storici dovrebbero allarmarci, e non farci accontentare delle minimizzazioni che vengono dal Governo ungherese, né farci placare dalla condanna della Commissione europea, pur importante. Bisogna valutare seriamente se questi fatti possano rappresentare la condizione prevista dall'articolo 7 del Trattato dell'Unione Europea, che prevede un meccanismo di prevenzione, in caso di rischio di una violazione dei valori comuni da parte di uno Stato membro, e un meccanismo di sanzione in caso di violazione di questi valori"

Sull'Ungheria puoi leggere anche:





Rivelazioni sulla Libia?


Un articolo interessante dell'Huffington Post sul reale impegno degli italiani nelle operazioni in Libia. E' un po' inusuale che un generale parli nei termini che leggiamo, con il rammarico per non aver potuto dire agli italiani quale era il reale contributo dei nostri soldati alla guerra, "per evitare strumentalizzazioni" (forse non spetterebbe a un esponente dell'esercito fare questo tipo di valutazioni, ma oggi in tutte le democrazie c'è un'esposizione maggiore dell'esercito, anche in termini di "pubbliche relazioni" e il confine tra dichiarazione "tecnica" e "politica" è sempre meno netto).
Comunque personalmente non mi stupisco che vi sia stata "riservatezza" sul nostro effettivo impegno nella guerra in LIbia. 
Come già detto più volte per altre situazioni, le operazioni belliche rappresentano sempre un punto problematico di "gestione delle notizie" per le democrazie. Invito quindi a valutare con freddezza quanto qui viene riportato, e a non "scandalizzarsi" se ci sono state "nascoste" operazioni belliche. 
Collochiamo queste dichiarazioni nello scenario complessivo di un intervento che fin dall'inizio è stato (usiamo un eufemismo) "strano", e - per noi in particolare - molto "difficile".
Francesco Maria Mariotti
I bombardamenti dei caccia italiani sulla Libia sono stati tenuti nascosti per motivi politici. L'ammissione viene da una fonte particolarmente qualificata, lo stesso capo di stato maggiore dell'Aeronautica Militare, il generale Giuseppe Bernardis, che attribuisce questo deficit di comunicazione alla "situazione critica di politica interna" in cui viveva allora il Paese.
Bernardis presenta nel pomeriggio un libro edito dalla Rivista Aeronautica - "Missione Libia 2011. Il contributo dell'Aeronautica Militare" - in cui finalmente si racconta tutto di quella missione. E non ha peli sulla lingua. Negli oltre sette mesi di guerra in Libia, dal 19 marzo al 31 ottobre 2011, "è stata fatta un'attività intensissima - racconta - che è stata tenuta per lo più nascosta al padrone vero dell'Aeronautica Militare, che sono gli italiani, per questioni politiche, per esigenze particolari. C'erano dei motivi di opportunità, ci veniva detto, e noi chiaramente non abbiamo voluto rompere questo tabù che ci era stato imposto. Questo è il motivo per cui questo volume esce solo adesso, un anno dopo".

Rischio Argentina... O Anche Grecia?


A riaprire il caso è stata una querela avanzata da investitori e fondi di investimento statunitensi, tra cui Nml, controllato da Elliott Associates, e Aurelio, che hanno ancora in pancia i vecchi tango-bond e hanno respinto la ristrutturazione proposta dall'Argentina nel 2005 e nel 2010 per applicare una riduzione di circa il 65 per cento del debito, che è stata invece accettata dal 92 per cento dei creditori. Il giudice statunitense Griesa ha dato ragione alle richieste dei fondi speculativi.
 
 
Due eventi collegati a debiti sovrani, tra di loro strettamente connessi nonostante la loro lontananza non solo geografica, minacciano da vicino l'ormai scadente tenuta della finanza internazionale, con gravissime ripercussioni sull'economia e sulla politica mondiale. Il primo pericolosissimo evento riguarda il debito argentino e la decisione presa il 21 novembre scorso dal giudice distrettuale di New York, Thomas Griesa. Il secondo concerne invece la nuova ristrutturazione del debito greco, in discussione tra l'Unione Europea e l'Fmi,
 

martedì 27 novembre 2012

Egitto appeso al Fondo Monetario (ilFoglio)

(...) Due righe eloquenti di commento in fondo a un articolo del Financial Times rivelavano: “Diplomatici e fonti vicine ai negoziati dicono che c’è un forte desiderio internazionale di stabilizzare Mohammed Morsi, il nuovo presidente islamista, ed evitare choc economici che potrebbero provocare disordini nel paese più popoloso del mondo arabo”. Era ufficiale: i Fratelli musulmani avevano anche la benedizione del giornale della City.


Giovedì il presidente Morsi è saltato fuori con una Dichiarazione costituzionale a sorpresa che gli assegna i poteri pieni di un dittatore – “ma sono temporanei”, assicura lui – al di sopra della legge e in Egitto sono scoppiati tre giorni di violenze di strada tra chi vede in lui un nuovo Mubarak (peggio, un Mubarak islamista a capo di un movimento islamista) e le squadre dei Fratelli musulmani. Pietrate, lacrimogeni, uffici politici presi d’assalto, sciopero di giudici e giornalisti. Il Fondo monetario in teoria dovrebbe dare il via libera ai soldi il 19 dicembre, ma ora nello spazio di quattro giorni si è trasformato in uno strumento di pressione politica sui Fratelli musulmani e in un garante della democrazia egiziana (che è senz’altro più di quanto gli si può chiedere). “Non penso che il Fondo rescinderà l’accordo – dice Samir Radawan, ex ministro delle Finanze egiziano– ma se la situazione  peggiora allora il finanziamento sarà sospeso”.

Anche se i soldi arrivassero, un primo problema è che il piano di riforme proposto dal Fondo ai Fratelli musulmani è ambizioso, richiede sacrifici e un grande consenso: ci sarà da tagliare i sussidi su gas e benzina, aumentare le tasse, svalutare la moneta nazionale, trovare nuovi modi di risparmiare (il governo ha già proposto l’imposizione di un coprifuoco notturno a negozi e ristoranti, per ridurre i consumi di elettricità). Come farà Morsi a procedere, ora che l’intesa con l’opposizione lascia il posto alla violenza? – il Faraone lo chiamano, come chiamavano Mubarak, oppure Morsilini, crasi con l’italiano Benito. Un secondo problema è che anche se tutto rientrasse nella normalità dal punto di vista politico e il piano internazionale andasse liscio – sostiene Amr Adly, commentatore critico sulle politiche del Fondo – il peso maggiore cadrebbe sugli egiziani più poveri, e insomma il paese affonderebbe in una condizione peggio che pre-rivoluzionaria. (...)
 

Il Nostro Servizio Sanitario Nazionale, Di Cui Andiamo Fieri


Contrariamente a quanto riportato dai media, il Presidente ha voluto attirare l’attenzione sulle sfide cui devono far fronte i sistemi sanitari per contrastare l’impatto della crisi. Ciò vale, peraltro, per tutti i settori della pubblica amministrazione. Le soluzioni ci sono, e vanno ricercate attraverso una diversa organizzazione più efficiente, più inclusiva e più partecipata dagli operatori del settore. Le garanzie di sostenibilità del servizio sanitario nazionale non vengono meno. Per il futuro è però necessario individuare e rendere operativi modelli innovativi di finanziamento e organizzazione dei servizi e delle prestazioni sanitarie. (...) “Abbiamo la consapevolezza di vivere un momento difficile. La crisi ha colpito tutti e ha impartito lezioni a tutti. E' importante riflettere sulle lezioni impartite dalla crisi. Il campo medico non è un'eccezione. Le proiezioni di crescita economica e quelle di invecchiamento della popolazione mostrano che la sostenibilità futura dei sistemi sanitari - incluso il nostro servizio sanitario nazionale, di cui andiamo fieri e di cui il Ministro Balduzzi, che tanto incisivamente lavora per migliorarlo ulteriormente, è giustamente fiero - potrebbe non essere garantita se non si individueranno nuove modalità di finanziamento e di organizzazione dei servizi e delle prestazioni. La posta in palio è chiaramente altissima e anche l'innovazione medico-scientifica, soprattutto nella fase di “industrializzazione”, deve partecipare attivamente alla sfida considerando il parametro della costo-efficacia un parametro di valutazione non più residuale, bensì di importanza critica.”(...)

sabato 24 novembre 2012

Un'ipotesi di "intervento" in Siria (da ilFoglio)

La Nato può imporre una “no fly zone” contro gli aerei e gli elicotteri del presidente siriano Bashar el Assad grazie all’impiego creativo delle batterie di missili Patriot che saranno schierate lungo il confine tra Siria e Turchia. L’ipotesi è ancora prematura, ma potrebbe essere il primo intervento diretto e internazionale contro il governo di Damasco, dopo venti mesi di guerra civile e oltre 40 mila morti.
Come funziona? I missili Patriot sono un’arma prettamente difensiva e lavorano più o meno come il tanto celebrato Iron Dome che in questi giorni ha bloccato la gragnuola di ordigni lanciati contro Israele: un radar vede il missile in volo e guida un contromissile – il Patriot – a intercettare il primo mentre è ancora in aria. Il risultato è uno scoppio in cielo, uno sbuffo di fumo e niente più – in teoria, perché in realtà il sistema Patriot è molto meno preciso di Iron Dome. L’idea è di usarli invece come arma offensiva: guidati dagli aerei spia americani, come gli E-3 Awacs, gli Rc-135 Rivet Joint e gli E-8 Jstars, “occhi e orecchie in volo”, i Patriot possono intercettare gli aerei e gli elicotteri di Assad fino a una profondità di 80 chilometri dentro la Siria. Questa fascia protetta corrisponde più o meno al territorio che è già in mano ai ribelli siriani (...)

 L’imposizione di una vera “no fly zone” sulla Siria assomiglia a un incubo per i paesi occidentali, che infatti fino a oggi si sono guardati bene dal ripetere contro Damasco un intervento a protezione dei civili e dei ribelli sul modello di quello già sperimentato con successo in Libia. La “no fly zone” equivale a un atto di guerra, perché prevede come primo passo la neutralizzazione dei sistemi difensivi del nemico, e quindi il bombardamento preparatorio dei radar, delle piste e della contraerea nemica, e in seguito la possibilità di duelli aerei (soggetto possibile per l’incubo: un pilota abbattuto e catturato, e poi mostrato dalla tv di stato siriana). Inoltre l’intervento diretto minaccia di provocare una reazione a catena con i paesi che sostengono Assad, come l’Iran e la Russia. L’espediente Patriot invece è meno invasivo: le batterie rimangono al di qua del confine e tutta l’operazione potrebbe scattare in risposta a una scaramuccia di routine come spesso accade sulla frontiera, attraversata quasi ogni giorno da colpi di mortaio e di artiglieria in entrambe le direzioni. La Turchia potrebbe invocare l’articolo 5 del Trattato atlantico, che impone ai paesi Nato di intervenire a difesa di un membro. (...)

Ecco come sarà l’azione diretta della Nato contro i bombardieri di Assad (ilFoglio.it)

venerdì 23 novembre 2012

Bilancio UE, i dubbi e il veto possibile

"Se le richieste sul bilancio 2014-2020 non dovessero essere accolte, l'Italia è pronta a mettere il veto". E' quanto confermato la notte scorsa dal premier Mario Monti, parlando con i giornalisti al termine della prima sessione del vertice europeo, sospeso dopo la presentazione della nuova proposta sul budget. "Quella sul bilancio – ha proseguito il premier – è una decisione che va presa all'unanimità e occorre che tutti i Paesi siano d'accordo". "Sicuramente – ha avvertito – se l'Italia si ritenesse significativamente insoddisfatta, non esiterebbe a non votare a favore, quindi a votare contro, così come farebbero altri paesi". Monti ha sottolineato: "Siamo tutti qui per cercare di trovare una soluzione che sia accettabile per l'Italia, Paese che sette anni fa, in occasione del precedente negoziato, non ne uscì certo bene, quindi dobbiamo e vogliamo rimontare posizioni". "Si può raggiungere un accordo  – ha assicurato il premier rispondendo ad una domanda – ma non è detto che ci si riesca e non sarebbe un dramma non riuscirci". Perché questo, secondo Monti, "è un negoziato molto complesso che avviene ogni sette anni e credo che sarebbe la prima volta nell'ipotesi che si chiudesse al primo tentativo".

Bilancio UE, ancora dubbi (ilfoglio)

Un veto contro un bilancio pluriennale insufficiente e troppo sbilanciato nella spartizione delle risorse, in breve più favorevole alle ragioni degli euroscettici, inglesi e svedesi, che a quelle della solidarietà con Paesi e regioni in ritardo di sviluppo o tartassati da recessione, disoccupazione, ristrutturazioni e riforme, più che uno sgarbo all'Europa sarebbe un forte richiamo al suo perduto senso di responsabilità politica, economica e sociale. Che sia familiare, nazionale o europeo, un bilancio è lo specchio dei progetti e delle ambizioni individuali e collettive.
di Adriana Cerretelli - Il Sole 24 Ore - leggi su Perché alzare la voce serve

È davvero strano, e anche un po' surreale, constatare che la Grecia, l'ultima della classe dell'euro, ormai ha davvero fatto tutti i compiti a casa, parola di Eurogruppo, e invece chi si ostina a non fare i propri sono gli altri, i primi della classe, che pure non cessano di impartirle lezioni di buona creanza europea.
di Adriana Cerretelli - Il Sole 24 Ore - leggi su Se Atene fa i compiti, e gli altri no