lunedì 28 novembre 2011

Essere incompleto non significa essere dannoso (a proposito dell'Euro - dalla Stampa)


(...) Per i Paesi dell’area dell’euro, la Bce può effettuare interventi, temporanei ma massicci, diretti soprattutto ad attenuare il disordine arrecato dalla violenza della speculazione. Ad essa devono però subentrare presto meccanismi basati sulla solidarietà fiscale fra i Paesi dell’eurozona. Il coinvolgimento del Fmi, con un’ulteriore rete di protezione, nel caso le altre risultassero insufficienti, può essere prezioso. Volendo scoraggiare la speculazione più miope è bene assicurare la disponibilità di somme anche molto superiori a quanto è ragionevolmente necessario per aiutare un Paese che sta provvedendo a rimediare ai suoi guai. Anche perché l’eccesso di drammatizzazione è una caratteristica di certe fasi delle crisi finanziarie, soprattutto quando le misure di aggiustamento e riforma esitano ad arrivare e incontrano inizialmente ostacoli politico-sociali, prima che, insieme ai loro costi, vengano capiti bene i loro benefici.


Eccesso di drammatizzazione è anche il continuo parlare di fine dell’euro, senza saper bene di che cosa si parla e senza capire che non risolverebbe nulla e danneggerebbe tutti. E’ vero che l’euro è incompleto senza una maggiore integrazione politico-economica dell’area dove circola. Ma essere incompleto non significa essere dannoso: aver adottato l’euro significa aver rinunciato a pasticciare con le monete per affrontare problemi reali, di inefficienza, squilibrio e carenza di competitività. L’euro ha nascosto per qualche tempo questi problemi, ma ora li rende più evidenti proprio perché impedisce di curarli con la droga della moneta. E rendendoli più evidenti ci stimola a curarli con serietà. Infatti l’Europa, nel correggere i guai che hanno condotto alla crisi mondiale, è più impegnata degli Usa, dove l’uso della droga monetaria non trova limiti.

Nel caso italiano è importante non rassegnarci troppo alla drammatizzazione. (...)


sabato 26 novembre 2011

La Bce intervenga con più forza sui mercati (dal Corriere della Sera)

Lucrezia Reichlin spiega molto bene oggi sul Corriere come un intervento più forte della BCE a tutela dei titoli dei Paesi in crisi di liquidità sia difficile, ma non necessariamente in contraddizione con la missione originaria dell'Eurotower: il sentiero è strettissimo, ma va percorso, nell'attesa - ma dobbiamo fare in fretta! - che l'Europa si dia una costituzione politica ed economica più forte.

FMM


(...) È lecito chiedersi se questo non sia in contraddizione con il principio della politica monetaria unica. La risposta non è semplice. Da un lato una banca centrale non deve agire in modo da illudere il mercato che non ci sia rischio Paese quando questo c'è: una tale politica ucciderebbe ogni incentivo per i governi a mettere in atto il risanamento del bilancio. Dall'altro, per perseguire la stabilità dei prezzi in tutti i Paesi, la banca centrale deve far sì che il meccanismo di trasmissione dal tasso a breve ai tassi effettivi sia omogeneo. Se il fattore rischio riflettesse un reale problema di solvibilità per alcuni Stati, la Bce si troverebbe a far fronte ad un dilemma. Ma se quest'ultimo fosse distorto in quanto causato da un attacco speculativo dei mercati alla cui origine c'è un problema di liquidità e non di solvibilità, il da farsi è chiaro. Francoforte deve intervenire per adempiere al suo mandato di stabilità dei prezzi, cioè non per salvare gli Stati, ma per far funzionare la politica monetaria. 
In pratica è difficile distinguere tra solvibilità e liquidità, ma la posta in gioco è troppo alta per poter peccare per il timore di sbagliare. Per ragioni di politica monetaria e per adempiere al suo mandato la Bce dovrebbe darsi un obbiettivo quantitativo sugli spread e programmare gli interventi di acquisto di titoli di Stato e le operazioni di liquidità alle banche necessarie per raggiungere questo obbiettivo. L'annuncio di tale obbiettivo avrebbe un effetto rassicurante per i mercati e darebbe lo spazio ai nuovi governi dell'Europa per mettere in atto le riforme strutturali necessarie a navigare verso una rotta più virtuosa nel lungo periodo. Farlo non significa rinnegare il mandato, ma, al contrario, perseguirlo.

venerdì 25 novembre 2011

Chloe e le ragazzine sfruttate dalle gang criminali (dal Corriere della Sera)

Chloe e le ragazzine sfruttate dalle gang criminali

A sedici anni Chloe si è buttata giù da un ponte, decisa a morire per sfuggire al suo aguzzino: un giovane pakistano che l’aveva stuprata e costretta alla prostituzione. La ragazzina, che vive a Leeds in Gran Bretagna, aveva provato a chiedere aiuto alla scuola e alla polizia ma nessuno l’aveva ascoltata. La sua storia è finita l’altro giorno sulla prima pagina del Times per denunciare la crescente presenza di bande criminali di asiatici, prevalentemente di origine pakistana, che vanno a caccia di ragazzine per venderle al miglior offerente. L’allarme è tale che il governo ha deciso di varare un piano d’azione a livello nazionale per arginare il fenomeno. (...)


http://lepersoneeladignita.corriere.it/

giovedì 24 novembre 2011

Lo Strappo Per l'Europa


Ormai la guerra all'euro non risparmia neanche la Germania. Non basteranno gli Eurobond a salvarci, anche se possono essere un primo passo; anche perché Eurobond è una formula che ha molteplici possibilità di realizzazione; senza un coordinamento politico chiaro, senza regole definite, titoli di debito pubblico europeo non aiutano a cambiare il segno rosso dell'economia comunitaria. Anzi, per certi aspetti, potrebbero svelare con più durezza i limiti della nostra "moneta senza Stato".

A questo punto non rimane che lo "strappo costituzionale" della BCE, di cui si è già parlato in precedenti post e a cui si riferiscono Giavazzi e Alesina sul Corriere di oggi; ma la responsabilità di questa decisione non può essere lasciata al solo Mario Draghi.

Lo si è già detto: i leader europei devono fornire l'avvallo politico, e ci deve essere un impegno, perché questo "vulnus" non diventi la Grande Scusa per affossare i tentativi di razionalizzazione della spesa, comunque necessari e non alternativi a un'idea forte di rilancio dell'economia europea.

Per questo il maggior cordinamento fiscale chiesto da Berlino è comunque importantissimo.

Il tempo che rimane è pero poco: per dirla con il titolo del Sole24Ore di qualche giorno fa, Fate Presto! Facciamo Presto!

Francesco Maria Mariotti

(...) A questo punto c'è un solo modo per salvare l'euro: un intervento forte della Bce. È una soluzione molto problematica, cui si è giunti a causa dell'irresponsabilità di governo dopo governo in parecchi Paesi europei, compreso il nostro. Ma a questo punto non vi è altra soluzione. Intervenire sui flussi, ad esempio cominciando a emettere eurobond, cioè titoli garantiti dall'Ue, anche se fosse possibile agirebbe troppo lentamente. 



Bisogna intervenire sugli stock: agire sui flussi non basta più. La Bce può acquistare quantità illimitate di titoli riducendo la volatilità e riportando i rendimenti ai livelli pre-crisi. Non di tutti i Paesi, solo di quelli, come Italia e Spagna, che non sono insolventi. In realtà basterebbe che la Bce annunciasse l'intenzione di stabilizzare i rendimenti a un determinato livello: di acquisti veri e propri ne dovrebbe fare pochi.

Molti dicono che questo è il peccato originale dell'euro: non avere una banca centrale che si comporta come la Federal Reserve americana. Ma la differenza è che la Fed non compra i titoli emessi dagli Stati (dal Texas, o dalla California), solo quelli del governo federale. Non solo, ma la grande maggioranza degli Stati americani ha un vincolo di bilancio in pareggio. Titoli federali in Europa non esistono perché non esiste un ministro del Tesoro dell'Eurozona e i Paesi europei possono emettere debito a piacimento, senza tener conto dei costi per l'Unione nel suo complesso. 

L'Ue, attraverso la Commissione, ha poteri esecutivi in due sole aree: la politica della concorrenza e quella monetaria. In ogni altra area le decisioni richiedono l'accordo dei governi. Per salvare l'euro occorre estendere i poteri esecutivi dell'Ue alla politica di bilancio, non alle singole misure o al mix fra spesa e imposte, che deve rimanere prerogativa dei parlamenti nazionali, ma ai conti pubblici aggregati: evoluzione del debito e saldi di bilancio. Certo, è una rivoluzione, e ci rendiamo conto che è necessario cambiare i trattati europei, ma a questo punto è la sola via per salvare l'euro e i 60 anni che abbiamo dedicato a costruire l'Europa.



(...) L’alternativa a un break-up della moneta unica che avrebbe costi enormi per tutti, Germania inclusa, è quindi uno “scambio” preciso: disciplina di bilancio da parte dei paesi in debito o in deficit; accettazione tedesca della solidarietà fiscale, attraverso un ruolo attivo della BCE come garante ultima dei debiti europei e attraverso strumenti come gli Eurobonds. Visti i vincoli di politica interna della Germania, l’intervento della Banca centrale europea sui mercati dei titoli di Stato avverrà nei fatti: l’unica intesa possibile è un’intesa pragmatica – già anticipata dalle prime mosse di Mario Draghi.
Come è accaduto altre volte in passato, l’Italia si trova in posizione-chiave negli equilibri europei. Non solo perché la riforma di una delle principali economie dell’euro è cruciale per la credibilità del fronte dei “debitori”. Ma anche perché Mario Monti ha l’autorevolezza personale per mettere sul tavolo un trade-off del genere. Va aggiunta una nota importante. L’inclinazione italiana non è di trasformare la coppia asimmetrica “Merkozy”  in un triangolo “Merkomonti”: è di recuperare, attraverso la leadership delle economie principali, il peso delle istituzioni comuni - che garantiscono tutti. (...)



(...) Ci sono forti pressioni sulla Bce perché compri più bond sovrani.

Veniamo ai fatti: la Bce è stata ed è un elemento essenziale di stabilizzazione. È intervenuta in modo massiccio e lo fa ancora sui mercati dei titoli, svolgendo una funzione che a stretto rigore è fuori dal suo mandato. Inoltre sta fornendo liquidità illimitata al sistema dei pagamenti e al mercato monetario e bancario. Li sta, di fatto, tendendo in piedi. Ci vorrebbe invece un Fondo monetario europeo che desse soldi ai Paesi in cambio di determinate condizionalità».


Infatti Draghi ha invitato i governi a completare l’Efsf.
«Draghi ha ragione. Ma per essere efficace il fondo salva-Stati deve avere un ammontare di risorse credibile: questo può calmare i mercati. È successo con Lehman Brothers, può funzionare anche qui. Invece l’equivoco è: se ci mettiamo i soldi, qualcuno ne approfitta. Ma l’obiettivo è salvare l’euro!». (...)

martedì 22 novembre 2011

Educazione Civica e Servizio Civile - Per Una Nuova Cittadinanza


La riflessione di Napolitano ci pone - come sempre, negli ultimi tempi - di fronte alle emergenze di questo periodo: quella su cui ci ha richiamato oggi - l'immigrazione e i diritti di cittadinanza dei nati in Italia da non italiani - è lo stimolo per definire anche in termini non improvvisati cosa vogliamo come futuro e ambizione del nostro Paese.
Per questo però il discorso sul diritto di essere italiano per chi nasce in Italia è punto necessario ma non sufficiente per definire in prospettiva la nostra(le nostre) identità comunitaria(e), come Italia e come Europa.
Solo per dare i titoli di un discorso che andrebbe ampliato: educazione civica e servizio civile (obbligatorio? forse, se necessario...).
Non sto parlando qui- in realtà- dei soli immigrati.
Oggi, anche per combattere al meglio la battaglia economica di questa crisi ("la necessità di forze nuove" è uno dei motivi che Napolitano propone come giustificazione dello ius soli) dobbiamo trovare il modo di ridefinire il nostro collante nazionale - e di qui la necessità di riprendere una programma leggero ma innovativo di educazione civica; ma soprattutto, anche di fronte ai dati che ci dicono di un numero impressionante di giovani che sono completamente inattivi (non in  formazione, senza lavoro, e non in ricerca di lavoro) è forse inevitabile - anche se dal punto di vista liberale rappresenta un grave azzardo - che la mano pubblica rientri in campo per stimolare  uno sforzo collettivo di azione e riqualificazione dei cittadini.
So che così si rischia - e io lo sento come un gravissimo rischio - di "mettere in divisa" (di Protezione Civile, ma pur sempre divisa) di un gran numero di persone, con tutte le tentazioni che ne possono derivare. Ma l'alternativa, dato che la ripresa economica si farà aspettare a lungo, è di avere un numero consistente di cittadini fermi, bloccati (non per colpa, né per demerito) nel definire un proprio orizzonte, e dunque sempre più facilmente bersaglio di solitudine, demagogia, populismo.
Dagli ospedali ai territori da rimettere in sesto (Liguria docet), dalle nuove povertà e solitudini alla sicurezza contro la microcriminalità: i cittadini italiani -  e quelli europei, pensando a un programma continentale di occupazione dei cittadini UE, con scambi ad hoc - possono esser chiamati a dare il loro apporto al bene della comunità, nel frattempo imparando (o re-imparando) un lavoro.
Sto parlando dei nati qui (indipendentemente dalla nazionalità dei loro genitori), ma non solo.
Sto parlando dei giovani, ma non solo.
Perché la cittadinanza non è un diritto definito una volta per tutte, ma è una costruzione, a maggior ragione la cittadinanza europea.
E' un "artificio", quindi, e come tale è sovente da rinsaldare e ridefinire.
Francesco Maria Mariotti

domenica 20 novembre 2011

Appello

Dal Circolo Rosselli ricevo e segnalo l'appello di Pia Locatelli.

Si possono avere dubbi - e io ne ho molti, da tempo - sulla cosiddetta primavera araba, ma a maggior ragione in questo momento l'arresto di una candidata appare un atto molto grave, contro il quale è necessario attivarsi a livello diplomatico e di organismi internazionali.


PSI Lombardia: appello dal Cairo di Pia Locatelli per la liberazi...: Pia Locatelli president socialist international women asks for immediate release of Bouthaina Kamel

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sabato 19 novembre 2011

Un'Italia più forte in un'Europa più forte


Interessante riflessione di Marco Campione, che cita Stefano Menichini; da integrare con il timore che un "eccesso di appoggio" - che personalmente condividerei - può lasciare senza una risposta - soprattutto in vista del dopo governo - i malumori e le difficoltà che parti del paese proveranno per la durezza delle misure . 

Il rischio che nasca un "populismo di risposta" alle misure che il governo Monti sarà costretto a fare è grande (ne parlava De Rita in questi giorni; e dobbiamo pensare alle incognite di voti politici in Francia e in Germania). Il ruolo delle forze politiche democratiche - anche del Pdl, se deciderà di "superare" il suo fondatore, creandosi un orizzonte di futuro - è quello di far capire come le decisioni di Monti possono essere la base del futuro di tutti.

Confido che anche il professor Monti sia consapevole di questa difficoltà di "prospettiva": in questo senso è fondamentale riconquistare un posto in un'Europa via via più solida (Eurobond, nuovo ruolo BCE, nuove modalità di governo: si veda il Manifesto del Sole24Ore di cui si è già detto).

L'Italia deve diventare visibilmente e tangibilmente più forte in una Europa che si rinnova.

venerdì 18 novembre 2011

L'Europa siamo noi (il discorso di Monti al Senato)


Ciò che occorre fare per ricominciare a crescere è noto da tempo. Gli studi dei migliori centri di ricerca italiani avevano individuato le misure necessarie molto prima che esse venissero recepite nei documenti che in questi mesi abbiamo ricevuto dalle istituzioni europee. Non c'è nessuna originalità europea nell'aver individuato ciò che l'Italia deve fare per crescere di più. È un problema del sistema italiano riuscire a decidere e poi ad attuare quanto noi italiani sapevamo bene fosse necessario per la nostra crescita. Non vediamo i vincoli europei come imposizioni. Anzitutto permettetemi di dire, e me lo sentirete affermare spesso, che non c'è un loro e un noi. L'Europa siamo noi. (...)
Equità significa chiedersi quale sia l'effetto delle riforme non solo sulle componenti relativamente forti della società, quelle che hanno la forza di associarsi, ma anche sui giovani e sulle donne. Dobbiamo renderci conto che, se falliremo e se non troveremo la necessaria unità di intenti, la spontanea evoluzione della crisi finanziaria ci sottoporrà tutti, ma soprattutto le fasce più deboli della popolazione, a condizioni ben più dure. La crisi che stiamo vivendo è internazionale; questo è ovvio, ma conviene ripeterlo ogni volta, anche ad evitare demonizzazioni. È internazionale, lo sto dicendo a tutti. Ma l'Italia ne ha risentito in maniera particolare. (...)
Per questo il programma che vi sottopongo oggi si compone di due parti, che hanno obiettivi ed orizzonti temporali diversi. Da un lato, vi è una serie di provvedimenti per affrontare l'emergenza, assicurare la sostenibilità della finanza pubblica, restituire fiducia nelle capacità del nostro Paese di reagire e sostenere una crescita duratura ed equilibrata. Dall'altro lato, si tratta di delineare con iniziative concrete un progetto per modernizzare le strutture economiche e sociali, in modo da ampliare le opportunità per le imprese, i giovani, le donne e tutti i cittadini, in un quadro di ritrovata coesione sociale e territoriale. (...)
È necessario colmare il fossato che si è creato tra le garanzie e i vantaggi offerti dal ricorso ai contratti a termine e ai contratti a tempo indeterminato, superando i rischi e le incertezze che scoraggiano le imprese a ricorrere a questi ultimi. Tenendo conto dei vincoli di bilancio occorre avviare una riforma sistematica degli ammortizzatori sociali, volta a garantire a ogni lavoratore che non sarà privo di copertura rispetto ai rischi di perdita temporanea del posto di lavoro. Abbiamo da affrontare una crisi, abbiamo da affrontare delle trasformazioni strutturali, ma è nostro dovere cercare di evitare le angosce che accompagnano questi processi. (...)

Perché no alla tassazione di genere (laVoce)


Segnalo questo articolo della Voce:

http://www.lavoce.info/dossier/pagina2976.html

mercoledì 16 novembre 2011

Superare la Paura, Andare Verso il Futuro


Aria di entusiasmo attorno al tentativo di Monti.
Siamo un grande Paese, e questo nuovo Governo ci costringerà a non dimenticarlo.

Potremo e dovremo discutere di tutto, valuteremo tutto con attenzione. 

Le divisioni non sono un dramma, naturalmente: il conflitto sociale non deve fare paura, soprattutto se si svolge dentro un orizzonte di coesione comune

Il cambio di passo che - anche grazie a questo Governo - possiamo fare è già evidente.

Sarà difficilissimo, non dimentichiamolo. Ma forse per la prima volta dopo tanto tempo abbiamo di nuovo un obbiettivo comune, al di là anche della destra e della sinistra. E ci divideremo, quando necessariamente ci divideremo, su cose concrete e chiare. 

Sarà per tutti una sfida, un andare verso il futuro. 

La lotta comune del popolo italiano, la lotta dei cittadini italiani che combattono contro il declino economico, sociale e politico del Paese.

Non è esaltante? Non è già superare l'ansia che ci stava soffocando?

Francesco Maria Mariotti

martedì 15 novembre 2011

Libia: un'altra "missione incompiuta"?


E' veramente finita la guerra in Libia? Temo di no; temo che quanto si era detto - su quella che pareva essere una guerra senza orizzonte  - si stia rivelando vero, anche se non troppo pubblicizzato. Naturalmente tutti speriamo che il Cnt sappia conquistare un effettivo monopolio della forza nel paese, ma al momento attuale tale obbiettivo sembra ben lontano dall'essere raggiunto, tanto che dallo stesso governo libico è arrivata la richiesta alla NATO di rimanere almeno fino alla fine dell'anno. 

E' inevitabile che oggi la nostra attenzione sia rivolta all'emergenza economica, ma è il caso di riflettere su una politica estera - europea ed occidentale - che sembra sempre più in difficoltà nel discernere le informazioni, nel valutare le alleanze, nel definire i propri obbiettivi di medio e lungo periodo. 

Altrimenti le "guerre incompiute" rischiano di diventare un peso - politico, economico, e anche morale - molto rilevante per il nostro futuro.

Francesco Maria


(...)La spallata decisiva l’avevano data le tribù scese dalle montagne che circondano la piana di Tripoli, il Jebel. Una su tutte, tra le 140 che si dividono la Libia, i Wershifanna, che da allora controllano Al Maya. Al Zawiyah era passata invece alla cellula locale degli insorti, integrata nel Cnt, il Consiglio nazionale transitorio che ha sostituito al potere Gheddafi. Milizie, da riorganizzare secondo gli intenti del Cnt in un’armata nazionale regolare, destinate ad assicurare l’ordine, fermare saccheggi e vendette che ancora continuano, come ieri hanno notato «con preoccupazione» i ministri degli Esteri dell’Unione europea. Un lavoro duro, sporco e pieno di «incidenti». Ma ieri ad Al Maya c’è stata una battaglia in grande stile, a colpi di cannone, razzi anticarro e kalashnikov. Le milizie del Cnt hanno avuto la peggio. In tutto, sette morti.(...) La Libia è un bazar a cielo aperto con centinaia di depositi e caserme da riprendere prima che siano spolpate, tanto che il presidente del Cnt, Mustafa Abdel Jalil, ha auspicato che la missione della Nato continui «almeno fino alla fine dell’anno».(...)




Rapporto Einaudi (Sole 24 Ore)

(...) Il professor Deaglio ha illustrato alla stampa il Rapporto con il pensiero rivolto al presidente del Consiglio incaricato Mario Monti, affermando che il compito che attende il nuovo Governo sarà tutt'altro che facile e soprattutto che non basterà tagliare, ma bisognerà dare all'economia «anche un po' di ricostituente». Le risorse andranno trovate stando attenti a non colpire né i consumi, né gli investimenti: «Per esempio ci sono prodotti finanziari che non hanno contenuti italiani, come gli hedge fund», ha detto Deaglio, secondo cui «La strada per la ripresa dovrebbe passare anche attraverso il prelievo sui patrimoni» (...) di Piero Fornara - Il Sole 24 Ore

Bce inerte in nome del dogma teutonico (Sole 24 Ore)

(...) Di certo la Bce è rimasta l'unica banca a non voler stampar moneta, dopo che la troppo disinvolta politica monetaria della Fed ha costretto Giappone, Svizzera e Inghilterra a imitarla. Di certo la Bce è rimasta l'unica banca a sostenere di fatto la propria valuta, indebolendo la competitività di gran parte dei Paesi membri, già schiacciati da una crisi finanziaria senza precedenti e da un forte rallentamento economico (...). di Walter Riolfi - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/Q8PU1

venerdì 11 novembre 2011

"Stato e mercato oltre la crisi" (Mario Monti)

Nel giorno in cui Mario Monti inizia la sua attività di Senatore segnalo nuovamente uno degli articoli che l'ex Commissario UE ha scritto per il Corriere, perché mi pare il più denso di segnali di cui tenere conto per quella operazione di ricostruzione di cui ha bisogno questo paese, al di là degli estremismi intellettuali di chi sogna un ritorno allo Stato eccessivamente regolatore e/o salvatore di imprese, e quello opposto di chi vede un mercato totalmente libero, totalmente autoregolamentato, e "disincarnato" dalle comunità in cui si muove, ambedue visioni quanto mai pericolose, oggi. Con Mario Monti dobbiamo tentare di difendere (in Italia sarebbe meglio dire "di implementare realmente") un'economia sociale di mercato, che tenga insieme libertà di impresa e difesa della dignità della persona, anche dal punto di vista dei suoi diritti sociali, oggi inevitabilmente a rischio.

Francesco Maria Mariotti

(ps: grassetto e corsivo sono miei)
(...) Ma, nella ricerca di nuove configurazioni nell'economia sociale di mercato, sarebbe pericoloso lasciarsi guidare semplicemente dall'insofferenza verso la disciplina imposta dalle regole del bilancio pubblico o da quelle del mercato. Soprattutto, converrà tenere ben presenti tre considerazioni. In Italia, anche per il ritardato avvicinamento alla cultura del mercato, vi sono ambiti in cui il quantum di «mercato» è ancora insufficiente: o perché non è ancora stato introdotto mentre sarebbe opportuno farlo, oppure perché mercato vi è, ma insufficientemente concorrenziale o non adeguatamente vigilato. Nei confronti internazionali l'Italia è di solito tra i Paesi i cui mercati — per modalità di regolamentazione, funzionalità ed efficienza -—sono considerati ampiamente perfettibili. Nel valutare l'opportunità di un ruolo maggiore per il «pubblico», sarà necessario sostenere gli sforzi, che sono in corso, per accrescere l'impegno e l'efficienza nelle pubbliche amministrazioni ma senza dimenticare che, tuttora, la funzionalità che le caratterizza non brilla, nei confronti internazionali, per capacità di contribuire alla crescita e alla competitività del paese.

E andrà tenuto presente che «pubblico» non deve significare discrezionale e arbitrario. Sarebbe questo il modo migliore per far cadere ulteriormente l'attrattività dell'Italia come luogo di investimento da parte delle imprese internazionali. Soprattutto, è essenziale evitare che un maggiore «volontarismo» dei pubblici poteri, in sé lodevole, si traduca in interventi tali da creare una confusione dei ruoli tra Stato e mercato, tra politica e imprese. Fu proprio tale confusione di ruoli, soprattutto negli anni ’70 e ’80, a ledere il potenziale di crescita dell'economia italiana, a sprofondarla negli squilibri finanziari, a mettere in dubbio la sua capacità di far parte pienamente dell'Europa.

giovedì 10 novembre 2011

Salvare l'Italia, Rifondare l'Europa

Dobbiamo mantenere calma e lucidità anche se in questo momento è difficile.
Questo paese può risalire la china e risollevarsi, ma non deve perdere tempo.

Si era già scritto della necessità di un governo Monti e oggi ancora più forte lo voglio dire, anche per sostenere idealmente con la mia debolissima voce di cittadino il Presidente Napolitano.

Le misure urgenti che verranno messe in atto - patrimoniale (o prestito forzoso), vendita di beni pubblici, innalzamento dell'età pensionabile, o simili - potranno costare molto, e sarà giusto discutere di tutto (in tempi molto rapidi, rapidissimi), ma sarà un costo infinitamente minore di quello che potrebbe essere il disastro di un default.

Ed è soprattutto necessario saper raccontare di nuovo e coinvolgere ancora il paese in una prospettiva, classica ma sempre giovine, che è stato l'orizzonte principale per l'Italia dal dopoguerra ad oggi: l'Europa, nostra nuova Patria e - come ha detto Barroso - possibile nuova potenza emergente, se ci sarà la volontà politica.

L'Europa può essere salvata dall'Italia, se l'Italia si salva da sola, dicendo a tutto il mondo che questo paese ha la dignità per decidere in autonomia il proprio futuro e questo continente può rifondarsi, più unito e più forte, offrendo ancora al mondo il meglio di quel compromesso sociale che ha reso in anni passati l'Europa un vero faro di libertà, benessere, eguaglianza, solidarietà, giustizia

Mario Monti - di cui di seguito vi presento una scelta di articoli apparsi in questi anni sul Corriere della Sera - è l'uomo giusto per cominciare a raccontare una nuova Italia al mondo, una nuova Italia che risorge, unita alle altre nazioni europee.

Francesco Maria Mariotti


(...) Ma, nella ricerca di nuove configurazioni nell'economia sociale di mercato, sarebbe pericoloso lasciarsi guidare semplicemente dall'insofferenza verso la disciplina imposta dalle regole del bilancio pubblico o da quelle del mercato. Soprattutto, converrà tenere ben presenti tre considerazioni. In Italia, anche per il ritardato avvicinamento alla cultura del mercato, vi sono ambiti in cui il quantum di «mercato» è ancora insufficiente: o perché non è ancora stato introdotto mentre sarebbe opportuno farlo, oppure perché mercato vi è, ma insufficientemente concorrenziale o non adeguatamente vigilato. Nei confronti internazionali l'Italia è di solito tra i Paesi i cui mercati — per modalità di regolamentazione, funzionalità ed efficienza -—sono considerati ampiamente perfettibili. Nel valutare l'opportunità di un ruolo maggiore per il «pubblico», sarà necessario sostenere gli sforzi, che sono in corso, per accrescere l'impegno e l'efficienza nelle pubbliche amministrazioni ma senza dimenticare che, tuttora, la funzionalità che le caratterizza non brilla, nei confronti internazionali, per capacità di contribuire alla crescita e alla competitività del paese.

E andrà tenuto presente che «pubblico» non deve significare discrezionale e arbitrario. Sarebbe questo il modo migliore per far cadere ulteriormente l'attrattività dell'Italia come luogo di investimento da parte delle imprese internazionali. Soprattutto, è essenziale evitare che un maggiore «volontarismo» dei pubblici poteri, in sé lodevole, si traduca in interventi tali da creare una confusione dei ruoli tra Stato e mercato, tra politica e imprese. Fu proprio tale confusione di ruoli, soprattutto negli anni ’70 e ’80, a ledere il potenziale di crescita dell'economia italiana, a sprofondarla negli squilibri finanziari, a mettere in dubbio la sua capacità di far parte pienamente dell'Europa.


(...) «Possiamo limitare le conseguenze economiche e sociali della crisi mondiale per l'Italia, e creare anzi le premesse di un migliore futuro, se facciamo leva sui punti di forza e sulle più vive energie di cui disponiamo ». L'auspicio del Presidente Giorgio Napolitano trova fondamento nelle prove che l'Italia ha saputo dare in passato di fronte a gravi crisi: la terribile eredità della seconda guerra mondiale e in seguito il terrorismo, come ricorda Napolitano, ma anche, negli anni Novanta, le crisi della lira prima dell'approdo nell'euro.

Si è spesso notato che il nostro Paese riesce a dare il meglio solo in condizioni di emergenza, quando non è più possibile rinviare decisioni impopolari. Nei casi citati, si trattava però di emergenze specificamente italiane. Sapremo dare prova della stessa capacità di reazione ora che l'Italia è afflitta da una crisi grave, ma non specificamente italiana?(...)
«Dobbiamo considerare la crisi come grande prova e occasione per aprire al Paese nuove prospettive di sviluppo», ha indicato il Presidente Napolitano. Alla stessa ora, il Presidente Nicolas Sarkozy rivolgeva ai francesi parole molto simili: «Dalla crisi nascerà un mondo nuovo, al quale dobbiamo prepararci lavorando di più, investendo di più. Non aspettatevi che io fermi le riforme strutturali intraprese all'interno della Francia, esse sono vitali per il nostro avvenire, per diventare più competitivi ».

L'Italia affronta la crisi con una duplice pesante eredità, di cui il governo è ben consapevole: l'alto debito pubblico e riforme strutturali non ancora sufficienti. Il debito pubblico consiglia prudenza, ma oggi sarebbe imprudente non prendere misure espansive, reversibili nel tempo, adeguate alla gravità della crisi. Una simultanea accelerazione delle riforme strutturali, meglio se sostenuta da un impegno bipartisan e dall'adesione delle forze sociali, sarebbe ben colta dai mercati ed eviterebbe che il temporaneo maggiore disavanzo renda più gravoso il rifinanziamento del debito.

In questo modo, la durata e la profondità della crisi sarebbero minori. E l'economia italiana ne uscirebbe più moderna, meglio attrezzata per le sfide della competitività mondiale.


(...)Non si può avere un’unione monetaria senza una robusta unione economica.

L'euro non può prosperare se è «sospeso» su un'economia nella quale l'integrazione è incompleta e anzi rischia la disintegrazione, sotto la spinta dei nazionalismi economici e dell'affermarsi, in molti Paesi, di partiti ostili all’integrazione. Per assorbire gli shock che colpiscono i singoli Paesi, l'Eurozona deve avere un vero mercato unico, con alta mobilità delle risorse. Per l'Ue nel suo insieme, tale obiettivo è altrettanto importante. Oggi la crescita non può essere spinta né dai bilanci pubblici (che hanno urgenza di risanamento), né dalla politica monetaria (confidiamo anzi che la Bce riesca a evitare che gli acquisti di titoli di Stato, ora contemplati data l'emergenza ma contrari ai principi dell'unione monetaria, portino all'inflazione).(...)


Ciò che il Trattato inve­ce chiarisce bene, è che il presidente «assicura la pre­parazione e la continuità dei lavori del Consiglio eu­ropeo, in cooperazione con il presidente della Commissione» e «si ado­pera per facilitare la coesio­ne e il consenso in seno al Consiglio europeo». E' au­spicabile che il presidente sia una figura riconoscibi­le e carismatica, ma ciò che determinerà il suo con­tributo al successo dell'Eu­ropa sarà soprattutto la sua capacità di guidare un lavoro di squadra e di dare nuovo impulso, in piena cooperazione con il presi­dente della Commissione, al metodo comunitario.


E' l'ora di un Prestito forzoso?

Dobbiamo tentare di essere lucidi, anche se è difficile in queste ore. Andare subito a elezioni è inutile: è l'ora di un governo tecnico di solidarietà nazionale e le mosse di Napolitano sembrano andare in questo senso.


Per fare cosa? Una misura di emergenza potrebbe essere quella del prestito forzoso, che in qualche modo - anche se il senso dell'iniziativa voleva essere diverso - è stata anticipata dall'appello di un cittadino apparso sul Corriere della Sera nei giorni scorsi.


Una mobilitazione volontaria può essere un'idea anche molto bella, ma probabilmente poco efficace.


Il momento drammatico richiede rapidità e certezza di "risultato".
Una patrimoniale? Si può anche fare un prelievo straordinario "classico" "una tantum", ma sono da tenere in conto molte controindicazioni; e per una riforma fiscale più complessiva sarebbe meglio non agire sotto emergenza.


A questo punto io personalmente accetterei anche un prelievo sui conti correnti, come fece Giuliano Amato nel 1992, ma forse la proposta del prestito forzoso, non certo rivolto a tutti, (dettagli nell'articolo qui riportato, apparso sul Corriere della Sera del 7 settembre scorso), può essere più accettabile.

(i grassetti nell'articolo sono miei, FMM)

(...) Occorre alleggerire la pressione sui titoli di Stato per dare sufficiente spazio e tempo al programma di riforme per la crescita. Come fare? Un elemento di sovranità nazionale che gli Stati possono ancora mobilitare è la tassazione. Partiamo quindi dal dibattito su una possibile patrimoniale in aggiunta alla manovra corrente, una misura difficile da introdurre sul piano sia politico che tecnico. La ricchezza finanziaria delle famiglie italiane è molto concentrata: circa il 50% in mano al 10% più ricco. Tale potrebbe essere la base imponibile di una patrimoniale. Di recente si è già parlato della possibilità di un intervento proattivo della parte più facoltosa del Paese, pronta a contribuire al risanamento economico e finanziario del Paese stesso. Tuttavia sarebbe rischioso procedere ad una riforma fiscale sotto la pressione del breve termine. Una patrimoniale sarebbe certo una misura di equità, ma andrebbe strutturata rispettando l' insieme del sistema fiscale per essere nel contempo giusta ed efficiente. Se tutti i Paesi europei modificassero la fiscalità sotto la pressione delle circostanze, senza coordinamento, ne nascerebbe una acerrima concorrenza fiscale. Come sfruttare questo elemento di sovranità, e ridare forza al Paese sui mercati, evitando però gli svantaggi di una nuova imposta? Tramite un prestito forzoso. Proponiamo quindi di introdurre un prestito forzoso decennale, nella forma di una sottoscrizione ad una o più emissioni dedicate di titoli di Stato. A parità di gettito, tale proposta, implicando la restituzione del patrimonio a scadenza dei titoli, sarebbe più accettabile per gli interessati e anche più equa, in quanto i titoli vengono sottoscritti dai contribuenti più abbienti, ad un tasso di interesse basso, simile a quello pagato sui titoli tedeschi. Già in Francia il prestito forzoso è stato utilizzato con successo, ad esempio dal governo Mauroy, per facilitare, nei primi anni Ottanta, il rimborso del debito estero.(...)

lunedì 7 novembre 2011

"Per l'Italia un lavoro solidale di tutte le parti sociali" (Bernabè sul Corriere)


L'intervista che Franco Bernabè ha rilasciato oggi al Corriere è molto interessante, per due motivi:

1. si segnala ancora una volta la necessità di un ripensamento in tempi strettissimi del ruolo della BCE, ormai punto necessario di un "rottura" dell'ordinamento costituzionale europeo, che costringa i governi europei a dare una soluzione politica alla crisi finanziaria: una Banca, una Europa.

2. è motivo di riflessione la difesa del metodo della concertazione: sono necessarie riforme radicali dell'ordinamento economico e politico italiano, ma questo paese deve costruirle con un percorso il più possibile unitario; non è possibile aprire in questo momento una fase di conflitto. La politica deve saper ridefinire un nuovo patto sociale; un patto, comunque; quindi non la vittoria di una parte del paese contro l'altra, non il prevalere di una generazione contro l'altra. I veri riformatori non gridano contro parti della società, ma costruiscono.

Soprattutto su questo punto è il caso di riflettere, in un momento in cui ogni cittadino rischia di convivere con la paura: è necessario che la politica ritrovi la capacità di raccontare il senso del nostro stare assieme. 

Può sembrare paradossale, ma oggi i tecnici e i grand commis sembrano più consapevoli dei politici della necessità di dire parole di unione e non di divisione. 

Francesco Maria


(...) «La crescita non viene da ricette miracolose. Non dalla vendita delle caserme, dalla patrimoniale o dalla soppressione dell`articolo 18. C`è una domanda interna da salvaguardare. E la ripresa non verrà nemmeno dalla ricerca di una contrapposizione tra sedicenti riformisti e presunti conservatori. Verrà da un vasto numero di riforme strutturali, dal duro lavoro giorno per giorno, e dalla condivisione di questa fatica tra le persone e ì ceti sociali che il governo deve favorire dando anzitutto esempi di serietà e poi costruendo l`unità del Paese. Giusto per capirci in Telecom gli accordi li ho fatti anche con la Cgil. E sono buoni accordi: riduzione dei costi e difesa del potere d`acquisto delle persone»



Meglio la concertazione di Ciampi delle sfide di Marchionne? 
«Ciampi ha salvato l`Italia e l`ha portata nell`euro. L`Italia non ha bisogno di contrapposizioni ideologiche ma di un lavoro solidale di tutte le forze sociali» (...)

Come mai il Giappone, che un debito pari al doppio del Pii e una crescita inferiore a quella italiana, vive sereno? 
«Perché il risparmio giapponese, elevatissimo, è investito nei titoli del proprio Paese e tutti sanno che, ove occorresse, la Bank of Japan stamperà tanti yen quanti servono a battere la speculazione. Lo stesso possono fare la Federal Reserve e la Bank of England. La Bce no».

I Trattati lo impediscono.
«È così, ma Roosevelt diceva che quando la casa del vicino brucia non gli chiedi un deposito cauzionale sull`idrante ma corri a spegnere l`incendio se non vuoi che bruci anche la tua. I Trattati andranno interpretati in attesa di aggiornarli»


Facile a dirsi. Ma che fare? 
«Ci vuole un governo credibile almeno sul medio periodo, perché la crescita avrà bisogno di tempo, e capace di negoziare autorevolmente con gli altri Paesi per convincere la Germania che è necessario avere un vero prestatore di ultima istanza che assicuri la necessaria liquidità ai debiti pubblici» (...)

domenica 6 novembre 2011

"Il nostro compito non è quello di rimediare agli errori della politica" (laStampa)


(...)Cosa pensa dell’acquisto di bond?
«Dovrebbe essere limitato nella quantità e nel tempo e avere come unico obiettivo quello di garantire il pieno meccanismo di trasmissione della politica monetaria. Ma se osserviamo che i nostri interventi vengono minati dai mancati sforzi dei governi nazionali, dobbiamo porci il problema degli incentivi».
Vuol dire che smetterete di comprare titoli se l’Italia non riuscirà a fare le riforme che ha promesso alla Ue? «Se il board della Bce arriva alla conclusione che le condizioni che lo hanno spinto a prendere una decisione non esistono più, è libero di cambiare questa decisione in qualsiasi momento. È il contenuto perenne delle nostre discussioni». (...)
Cosa pensa della situazione italiana?
«Ogni Paese ha una responsabilità. Finché molte decisioni economiche vengono prese esclusivamente a livello nazionale, si arriva regolarmente a effetti di contagio. Questa consapevolezza non è ancora abbastanza diffusa. Si continuano a prendere decisioni guardando solo all’elettorato, anche se gli effetti riguardano anche i non elettori, dentro e fuori il Paese». (...)
La Bce può diventare un “prestatore di ultima istanza”? «Non siamo affamati di potere e non vogliamo mandati ulteriori. Siamo molto soddisfatti con il compito che ci è stato attribuito dal Trattati. E siamo orgogliosi, come dice Trichet, di soddisfarlo. La nostra preoccupazione, tuttavia, è che il nostro compito venga aggravato se altri settori della politica, sui quali non abbiamo il controllo, non si attengono alle loro responsabilità. Il nostro compito non è quello di rimediare agli errori della politica». (...)
In Italia si parla molto del caso Bini Smaghi. Lei cosa ne pensa?
«Ha un mandato di otto anni. Non c'è scritto nel Trattato che se uno viene da uno specifico ministero del Tesoro ha il diritto a un posto nel direttorio Bce. Lo spirito dei Trattati è che ognuno di noi dovrebbe lasciare il passaporto nel guardaroba, quando partecipa alle riunioni». (...)

sabato 5 novembre 2011

PER AIUTARE GENOVA E LA LIGURIA


Raccolta fondi del Corriere e del Tg La7


Dopo l'alluvione che ha colpito Genova e le zone limitrofe, la raccolta fondi «Un aiuto subito» promossa dal Corriere della Sera e dal Tg La7 viene estesa al capoluogo ligure e ai paesi interessati dal nubifragio. A oggi la raccolta per il Levante ligure e la Lunigiana ha superato quota 3 milioni di euro. Fino al 28 novembre si può donare tramite sms (da due euro ciascuno) da tutti i cellulari o da rete fissa tramite il «numero solidale» 45500 fino al 28 novembre.

I versamenti si possono effettuare sul c/c IT80O0306905061100000000567 «Un aiuto subito » aperto presso la Banca Intesa Sanpaolo, filiale di Roma, viale Lina Cavalieri 236.
26 ottobre 2011(ultima modifica: 05 novembre 2011 06:38)

Il punto di non ritorno (Mario Calabresi - la Stampa)


In altri tempi Silvio Berlusconi tornando dalla Costa Azzurra si sarebbe fermato a Genova, in altri tempi avrebbe speso un poco del suo tempo per mostrare attenzione verso una regione in cui le acque hanno ucciso 16 persone in meno di una settimana. Il nostro premier ogni giorno di più mostra di aver perso il contatto non solo con l’Italia ma anche con la realtà.(...) Se la barriera costruita intorno alle nostre emissioni ancora regge è solo grazie ai continui acquisti della Banca centrale europea guidata da Mario Draghi. Ma se i nostri partner, a partire da Francia e Germania, lanciassero il segnale che non si possono continuare a spendere i denari di tutti per tenere a galla l’Italia allora il disastro sarebbe assicurato.(...) Per questo è diventato obbligatorio chiedersi come Berlusconi speri di salvarsi e di salvarci, cosa possa ancora fare per cercare di far cambiare rotta agli eventi. Siamo vicini al punto di non ritorno, al momento in cui il cambio di governo sarà dettato da eventi esterni, possono essere questi i mercati o i partner europei, oppure da una drammatica votazione parlamentare su provvedimenti economici. Nessuno si merita una situazione e un finale di questo tipo, non l’Italia e nemmeno Berlusconi.E’ ancora in condizione di scegliere lui i tempi e i modi per un passo indietro, sarebbe un gesto sensato verso il Paese, verso la sua maggioranza e i suoi elettori. Per farlo però dovrebbe aprire gli occhi e guardare a quanto è cambiato lo scenario che lo circonda, scoprirebbe che la crisi stringe l’Italia e l’Europa, che gli italiani hanno bisogno di normalità e tranquillità e sono sfiniti dalle prove di forza, dai giochi di Palazzo e dalle battute.

venerdì 4 novembre 2011

Un banchiere per la crescita (dal Sole 24 Ore)

(...) Il taglio dei tassi non risolverà i problemi dell'economia dell'eurozona, però indica che la Bce è pronta ad agire rapidamente, e probabilmente, anche se Draghi non lo ha voluto confermare, a questo ribasso ne seguirà un altro. E non risolverà la crisi del debito sovrano: per questo, Draghi ha rimandato la palla nel campo dei governi, come aveva sempre fatto da governatore della Banca d'Italia. L'accoppiata risanamento dei conti/riforme strutturali, ripetuta ieri a Francoforte anche dal suo successore in Via Nazionale, Ignazio Visco, continua a essere il suo mantra. È così che si abbassano gli spread, non con gli interventi della Banca centrale sul mercato dei titoli di Stato. Sui quali Draghi non ha offerto risposte diverse da quelle di Trichet. (...) di Alessandro Merli - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/mvQL0


Leggere anche: "Un americano a Francoforte"



(...) Una Bce che con Draghi nonostante le lodi del modello Bundesbank approda sulle sponde del credito facile? Per rendersi conto che non sarà così è sufficiente la lettura dell'ultimo rapporto - dieci giorni fa - del Financial Stability Board , che Draghi guida da alcuni anni e al cui vertice il G-20 di Cannes nomina ora il suo successore. Il rapporto, l'ultimo licenziato da Draghi, dà il colpo di grazia alla teoria cara un tempo a Greenspan e Bernanke del savings glut, dell'eccesso di risparmio, e indica fornendo cifre e passaggi raggelanti che il vero problema è stato ed è quello dell'eccesso di credito non regolato, in uno shadow banking che arriva ormai a controllare, e senza regole, il 30% del sistema finanziario globale, derivati esclusi. Tassi più bassi, ora, e regole più alte. di Mario Margiocco - Il Sole 24 Ore - leggi su http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-11-04/americano-francoforte-063641.shtml?uuid=AarNOaIE