mercoledì 7 settembre 2011

Trichet Presidente d'Europa per una fase Costituente


Con l'attentato in India a pochi giorni dall'anniversario dell'11 settembre il terrorismo dimostra di avere l'occhio lungo, colpendo una delle nazioni protagoniste del futuro. 
Come scrive Gordon Brown, anche l'India deve essere coinvolta nella "grande contrattazione globale" che dovrebbe spingere le potenze emergenti a coordinarsi con Europa e USA per portare a soluzione la crisi globale. 

L'Europa deve comunque parlare con una voce sola: Barroso è espressione del concerto degli Stati, Draghi prenderà il ruolo "tecnocratico" (in realtà fortemente politico, ma comunque svincolato dalla ricerca di consenso, come è bene che sia) di Presidente della BCE. Si deve però cercare di "far vedere" al mondo una voce europea politicamente autonoma, che sia eletta dal Parlamento europeo con un mandato limitato per guidare il continente verso una nuova fase costituente

Trichet potrebbe essere il candidato migliore, dopo che avrà passato il testimone a Draghi: è stato lui il primo a fare una delle proposte più interessanti per l'Europa del futuro, un Ministro europeo delle Finanze.
 
Ma al di là dei nomi: oggi è ancora fondamentale che le figure di riferimento dell'Europa siano "tecnici - politici" capaci di "resistere" alle tentazioni della popolarità, e soprattutto del populismo; un giorno forse - superata questa tempesta - potremo votare direttamente il vertice europeo, confrontando proposte politiche alternative. 

Ma è un giorno ancora lontano.

Francesco Maria Mariotti

(...) Dobbiamo innanzitutto rilanciare la visione di cooperazione globale contenuta nel patto sulla crescita del G-20. Serve però un programma più ampio: la Cina dovrebbe concordare di aumentare la spesa delle famiglie e le importazioni dei consumi; l'India dovrebbe aprire i propri mercati in modo tale da garantire ai propri poveri l'accesso alle importazioni a basso costo; e l'Europa e l'America devono rilanciare la competitività con l'obiettivo di aumentare le importazioni. Nel 2009 il G-20 è stato inflessibile sulla necessità di un nuovo regime finanziario globale per la futura stabilità. Il problema è già sotto gli occhi di tutti. Le passività del settore bancario dell'Europa sono quasi cinque volte superiori a quelle degli Usa. Le banche tedesche hanno una leva finanziaria che è 32 volte superiore al patrimonio netto. Ai fini della stabilità finanziaria non serve quindi solo la ricapitalizzazione delle banche, ma anche una riforma dell'euro, fondata sul coordinamento delle politiche fiscali e monetarie e su un maggiore ruolo della Bce, in veste di prestatore di ultima istanza, nel sostenere i singoli Governi (non le singole banche). Il G-20 non raggiungerà crescita e stabilità senza concentrarsi su una riduzione del debito a lungo termine. Ma esiste anche un imperativo nel breve periodo, ossia evitare una spirale negativa. (...) L'accordo sulla crescita del G-20 deve essere anche un accordo sull'occupazione.(...)

Alla fine del 1930, il presidente Hoover aveva capito che la posizione debitoria della Germania stava per diventare insostenibile per la perdita di fiducia dei mercati nella capacità dei creditori (privati) tedeschi di ripagare l'enorme debito estero. Al presidente era perfettamente chiaro che, per salvare non solo la Germania ma l'intera Europa e gli stessi Stati Uniti da una crisi senza precedenti, erano necessari prestiti pubblici (in sostituzione del credito privato) e la sospensione delle riparazioni di guerra imposte ai tedeschi dal Trattato di Versailles. Ai collaboratori che gli chiedevano perché non prendesse subito l'iniziativa, Hoover rispondeva che era necessario che la situazione si deteriorasse ulteriormente perché si creassero le "condizioni politiche" per un intervento a favore della Germania. Sappiamo come andò. Nell'estate 1931, alla caduta dei redditi e dell'occupazione si aggiunse una crisi bancaria senza precedenti catalizzata dal ritiro dei capitali stranieri dalle banche tedesche. Solo allora l'opinione pubblica e le cancellerie compresero che la crisi avrebbe travolto non solo la Germania, ma l'intera economia mondiale e si crearono le "condizioni politiche" che resero possibile l'iniziativa di Hoover per una moratoria delle rate del debito di guerra tedesco. Questa giusta iniziativa arrivò fuori tempo massimo. (...) 

Speciale

(...) La conclusione è semplice: la Cina ha visto nell’11 settembre una finestra di opportunità strategica. Di cui cogliere i vantaggi. A sei mesi dall’attacco di al Qaeda, la Cina entrava senza problemi nel WTO: la globalizzazione “made in China” era cominciata. Sul piano interno, Pechino ha utilizzato la minaccia qaedista per combattere con durezza il proprio “terrorismo”, il separatismo uiguro nello Xinjiang. (...) per la leadership comunista capitalista cinese un’America indebolita poteva essere un vantaggio; un’America troppo debole non lo è. Questa è tutta la differenza, in effetti, fra il settembre 2001 e il settembre 2008: quando, con la crisi finanziaria e le sue conseguenze, la Cina si è trovata esposta ai guai dei suoi vecchi “maestri” occidentali.
Il rischio, visto da Pechino, è che l’era post-americana arrivi troppo in fretta, costringendo una leadership ancora riluttante ad assumersi una quota di oneri globali, con i costi e le responsabilità che ne derivano.(...)

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